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FILM / RECENSIONI Italia

Recensione: Caracas

di 

- Il secondo film di finzione diretto da Marco D’Amore naviga tra opposte ideologie mischiando realtà e sogno, in una Napoli inedita, notturna e umida

Recensione: Caracas
Marco D’Amore e Toni Servillo in Caracas

Un film inclassificabile, ambientato in una Napoli simile a Gotham City, che naviga tra due assolutismi, quello politico e quello religioso, e che mischia realtà e sogno. “Più che inclassificabile, è un film inspiegabile”, specifica il suo autore, Marco D’Amore, che con Caracas, distribuito nelle sale italiane da oggi 29 febbraio da Vision Distribution, firma il suo secondo lungometraggio di finzione dietro la macchina da presa, dopo L’immortale [+leggi anche:
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. L’attore-regista-sceneggiatore, diventato famoso nei panni dell’iconico Ciro Di Marzio nella serie Gomorra, ha preso il libro Napoli ferrovia di Ermanno Rea (dallo stesso autore Mario Martone aveva tratto il suo Nostalgia [+leggi anche:
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) e con il suo sodale in scrittura Francesco Ghiaccio ha trasposto in immagini quel flusso di coscienza, il diario esistenziale di un uomo – un celebrato scrittore assente da Napoli da molti anni – che fa i conti con la propria vita e con l’amata/odiata città che lo ha visto nascere. Il risultato è un film dolente, che viaggia tra piani temporali diversi, che offre momenti di grande forza espressiva, ma in cui lo spettatore, a un certo punto, rischia di perdersi.

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La forza con cui D’Amore ci catapulta, all’inizio del film, nelle viscere di un’ideologia barbara – quella dell’estrema destra razzista – ritraendo un gruppo di naziskin napoletani prima nel loro covo e poi durante un raid notturno, crudele fino al voltastomaco, ai danni della comunità musulmana della città, è degna di nota: è di grande impatto, coinvolgente e disturbante. È proprio lì che incontriamo Caracas (Marco D’Amore), un uomo in evidente conflitto con se stesso, diviso tra ideologia fascista e desiderio di pace: inneggia al Duce ma è innamorato di una ragazza musulmana, la problematica Yasmina (l’attrice francese di origine tunisina Lina Camélia Lumbroso), e dopo poco, a seguito di un accoltellamento di troppo, lo vediamo convertirsi all’Islam. Il fuoco del film passa quindi a un altro personaggio, Giordano Fonte (Toni Servillo, di cui Marco D’Amore è stato allievo in teatro), un acclamato e disincantato scrittore in piena crisi esistenziale e professionale, che coglie l’occasione di un premio letterario per tornare nella sua Napoli, che non riconosce più, e annunciare la sua intenzione di abbandonare la scrittura.  

È in questa Napoli notturna, umida, simile a una favela brasiliana da cui da lontano si intravede la skyline della città – e dove impazzano le baby gang – che Giordano, sempre più smarrito, incrocia sul suo cammino Caracas, con cui stringe un’amicizia inaspettata. Quest’ultimo gli farà da guida nel ventre della città, in una rappresentazione da girone infernale, tra locali notturni, orfanotrofi e covi di tossicodipendenti. Ad accomunare i due uomini, così diversi per età e classe sociale, è il bisogno di trovare un posto nel mondo, un senso di appartenenza: Caracas lo cerca prima nella squadriglia di fascisti, poi nella spiritualità e poi nell’amore per Yasmina; Giordano cerca se stesso nei suoi personaggi.

L’andamento del film è meditabondo, le musiche di Rodrigo D’Erasmo sono molto presenti, realtà e immaginazione si mescolano fino a sfumare pericolosamente. Caracas esiste davvero o vive soltanto nella testa dello scrittore? “A volte è meglio non sapere le cose”, ci ripete la voce narrante di Giordano, a inizio e fine di questo film che ha un suo coraggio, una sua idea di regia e un suo messaggio (al di là delle ideologie, la luce è chi ci tende una mano) ma risulta un po’ sfilacciato, tanto da perdere via via presa sullo spettatore.

Caracas è una produzione Picomedia, Mad Entertainment e Vision Distribution, in collaborazione con Prime Video e con Sky.

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