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MALAGA 2024

Recensione: El salto

di 

- Benito Zambrano presenta un interessante thriller drammatico sulla tragedia dell'immigrazione con l'intenzione di raggiungere il grande pubblico

Recensione: El salto
Moussa Sylla in El salto

Ibrahim è un immigrato africano arrivato in Spagna dalla sua Guinea natale da qualche anno. Ora la sua vita e la sua famiglia sono a Madrid, dove lavora come muratore e aspetta un figlio dalla moglie. Un giorno, inaspettatamente, la polizia lo arresta per deportarlo nel suo Paese d'origine, poiché non ha il permesso di soggiorno. Da lì, inizierà un'odissea per cercare di tornare in Spagna con la sua famiglia e in cui finirà per affrontare il salto del muro di Melilla, cosa che molti non riescono mai a fare e nel cui tentativo molti altri muoiono. Questa è la storia raccontata in El salto [+leggi anche:
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, il nuovo film di Benito Zambrano, scritto da Flora González Villanueva e presentato nella Sezione ufficiale fuori concorso del Festival di Malaga.

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Zambrano racconta la tragedia che si cela dietro ogni migrante che tenta di saltare la barriera di Melilla in un film classico nella forma, con un'intenzione chiaramente realistica e sociale, una sorta di thriller drammatico senza artifici con la volontà di portare questa storia al grande pubblico (cosa che lo accomuna al recente Io capitano [+leggi anche:
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di Matteo Garrone), avvicinandosi alle storie di vita dei personaggi, ai loro drammi, alle loro paure e speranze. È proprio qui che risiede uno dei grandi pregi del film, nell'umanità e nella mancanza di sensazionalismo con cui il regista cerca di riflettere il dramma dell'immigrazione. Da questa volontà di mettere al centro la vicenda umana, il film riesce a riflettere la situazione di vulnerabilità e impotenza in cui si trovano molti immigrati, il modo in cui il sistema e le sue istituzioni disumanizzano completamente queste tragedie umane, il modo in cui i crimini contro i diritti umani vengono commessi giorno dopo giorno con la protezione della legge e la complicità della società, l'indifferenza con cui conviviamo con la violenza e la morte degli altri, il modo in cui ci voltiamo dall'altra parte quando la tragedia non tocca la nostra zona di interesse. Così facendo, il film solleva un interessante dibattito sull'ingiustizia di questo dramma, sul fatto che qualcosa sia legale non significa necessariamente che sia giusto e che non si debba fare nulla per cambiarlo.

Sebbene a volte manchi di una certa potenza visiva ed emotiva, è un film ben risolto in termini di regia e recitazione, che riesce ad arrivare con forza a quella potente scena finale in cui è racchiuso tutto il background della pellicola: il terrore, la disperazione, il bisogno di aggrapparsi a qualcosa, di avere speranza, di essere disposti a rischiare la vita perché si è già perso tutto, la paura di morire e allo stesso tempo di essere già morti se non si tenta quel salto.

"A coloro che sono morti durante il viaggio. A coloro che sono arrivati. A coloro che li hanno accolti a braccia aperte", recita la dedica nei titoli di coda del film. El salto è un film semplice e onesto, un film sociale e politico che raggiunge il suo scopo: raggiungere il grande pubblico senza pretese edificanti o grandi discorsi. Un film che dialoga con il presente, una sorta di specchio di ciò che siamo oggi come società.

El salto è una coproduzione tra Spagna e Francia delle compagnie Cine365Films, Cine365 Films Canarias AIE, Castelao Producciones, Virtual Contenidos e Noodles Productions; le vendite internazionali sono affidate a Filmax.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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