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Recensione: Glass, My Unfulfilled Life

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- L’olandese Rogier Kappers dirige uno spiritoso autoritratto documentario che lo vede inseguire, tra alti e bassi, il suo sogno di una vita: diventare un famoso suonatore di bicchieri di vetro

Recensione: Glass, My Unfulfilled Life

“E se più persone facessero del loro meglio per diventare famose prima di morire?”. Si apre con questo interrogativo il documentario Glass, My Unfulfilled Life dell’olandese Rogier Kappers, in cui l’autore si autoritrae, per sette anni, mentre insegue il suo sogno d’infanzia: diventare un celebre suonatore di bicchieri di vetro, o glass organ, come preferisce chiamarlo. Proiettato al 42mo Bergamo Film Meeting nella sezione Visti da Vicino e al 26mo Festival del documentario di Salonicco nel concorso Newcomers – dove ha vinto il Golden Alexander, dopo la sua prima mondiale all’IDFA dell’anno scorso – il film è un validissimo esempio di come si può realizzare un documentario accattivante su una storia personale piuttosto semplice, quella di un simpatico perdente (fino a prova contraria) di mezza età che ancora non ha capito quale strada intraprendere nella vita.

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All’inizio del film, Rogier Kappers (autore nel 2004 di un altro documentario, Lomax the Songhunter, sempre a tema musicale) ha 52 anni e può ritenersi, nonostante tutto, un uomo fortunato: entrambi i suoi genitori sono vivi, ha due splendidi figli da due donne diverse, una casa in città e una in campagna, uno scooter e vari strumenti musicali. Ma se morisse domani, che cosa direbbero al suo funerale? Non sappiamo quale lavoro Rogier facesse prima, sappiamo solo che ha avuto un burnout e si è licenziato, e che ora è in cerca di un progetto che gli porti fama, soldi e, possibilmente, anche l’amore. Già in passato l’uomo si era imbarcato in progetti vari: tra questi, quello di girare un film di guerra (ma la guerra che voleva filmare nel frattempo è finita) o quello di una casa in campagna ecosostenibile (se la casa non tendesse a sprofondare nel terreno). Quando Rogier annuncia che il suo nuovo progetto è diventare un musicista di strada – e che lo strumento che suonerà è composto da bicchieri di varie dimensioni riempiti d’acqua – i genitori rimangono a dir poco perplessi e gli amici gli ridono letteralmente in faccia. Salvo poi suggerirgli: “Se ci credi, dovrai resistere ad ogni avversità”.

Rogier, di fatto, non molla. Assistiamo a tutte le fasi di preparazione di questa sua nuova ossessione. C’è la costruzione dell’organo (dalla scelta dei bicchieri alla bicicletta-contenitore con cui trasporterà lo strumento nelle piazze), poi le sessioni di allenamento (il suo repertorio include Bach, Jacques Brel e The House of the Rising Sun); c’è l’incontro con il compositore estone Arvo Pärt, suo idolo, al quale Rogier chiede se sarebbe disposto a comporre musica per bicchieri, e ancora, le sue prime performance in strada, la curiosità dei passanti, i primi soldi nel cappello. Ma poi c’è molto altro, e sarebbe un vero peccato anticipare troppo qui e svelare gli sviluppi di questa storia che – tra gli alti e bassi dell’impresa ed efficaci colpi di scena – è così ben strutturata da tenere lo spettatore attento, divertito e ansioso di scoprire dove le gesta del suo protagonista, al quale ci si affeziona all’istante, lo porteranno. Il tutto è accompagnato da una voce narrante in terza persona che dà al racconto un tocco di favola e da un umorismo sottile che alleggerisce anche i momenti più bui. Una piccola storia personale che parla un po’ a tutti, un coming-of-old-age che invita, con il sorriso gentile e lo sguardo stralunato di Rogier, a non rinunciare mai ai propri sogni.

Glass, My Unfulfilled Life è prodotto dalla Zelovic Film di Lidija Zelovic e dello stesso Kappers. “Più piccola è la storia, più grande è il mondo che può raggiungere” è il motto della società.

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