Recensione: E.1027 – Eileen Gray and the House by the Sea
- I registi svizzeri Beatrice Minger e Christoph Schaub cercano di sciogliere i nodi di una storia complessa, quella della mitica casa sul mare conosciuta come E.1027, che ancora oggi intriga

Presentato in prima mondiale al CPH:DOX nella sezione DOX:AWARD, E.1027 – Eileen Gray and the House by the Sea di Beatrice Minger e Christoph Schaub mette a confronto personalità complesse che hanno marcato la storia dell’architettura, figure geniali ma in modo diametralmente opposto. Quello che la casa, o meglio l’opera d’arte conosciuta come E.1027 racchiude non è infatti soltanto la magia di un corpo architettonico che prende vita ma anche la complessità di un triangolo di menti brillanti, quelle degli architetti Eileen Gray, Jean Badovici e Le Corbusier. Partendo dal conflitto irrisolto fra la discreta ma visionaria architetta irlandese e il mostro sacro dell’architettura moderna Le Corbusier che si è impossessato della sua villa imponendogli dei giganteschi e ingombranti affreschi, il film riflette sulla difficoltà di esistere in un mondo dominato da mascolinità tossiche che lasciano ben poco spazio alla riflessione e al dialogo.
Strutturato come un docufiction che racchiude immagini d’archivio, ricostruzioni di momenti di vita e voci fuori campo che accarezzano le immagini (principalmente quella di Eileen Gray che parla in prima persona), il film mette in scena momenti d’intimità che possiamo solo immaginare. Invece di percorre la strada della ricostruzione storica basata sull’analisi minuziosa dei documenti a disposizione, Beatrice Minger e Christoph Schaub (che si è già interessato di architettura nei suoi film precedenti) hanno scelto di fare dialogare architettura e cinema per dare vita alla sensibilità di una donna visionaria ma troppo poco celebrata. La composizione dei piani, i colori, le forme che li abitano ci spingono a vedere ciò che Eileen Gray vedeva, la bellezza di ogni istante. Come la sua voce fuori campo afferma: “gli oggetti mi parlano, hanno un ritmo che crea una sinfonia”. Più interessata ad esprimere la complessità della vita, ad infondere un’anima alle case che al rigore geometrico dell’Art déco in voga in quegli anni, Eileen Gray è sempre stata un outsider, una libera pensatrice alla ricerca di una “stanza tutta per se”.
Interpretata da Natalie Radmall-Quirke, l’Eileen Gray di Beatrice Minger e Christoph Schaub, sorta di “figlia del dottor Caligari”, com’è descritta nel film, evolve all’interno di scenografie minimaliste che ricordano i film espressionisti tedeschi. La sua singolarità non deriva soltanto dalla sua volontà di sfidare le convenzioni dell’epoca: non si vuole sposare, si innamora di altre donne e non accatta di limitarsi allo spazio privato del design d’interni, limite oltre il quale pochissime donne hanno saputo spingersi, ma anche dalla determinazione di incarnare l’antitesi del genio virile, competitivo ed arrogante.
Dando voce e corpo al punto di vista minoritario sostenuto da Gray, il film cerca di includere, all’interno dell’olimpo dell’architettura moderna capitanata da Le Corbusier, uno sguardo altro, visionario e geniale senza essere prepotente. Una frase fra tutte quelle pronunciate da Gray nel film potrebbe riassumere questa sua attitudine: “mi piace costruire le case ma odio possederle”. Un bisogno di possesso che è invece l’appannaggio di Le Corbusier il quale invade, con la complicità del suo amico Jean Badovici, il santuario di Gray, ossia la villa E.1027 imponendogli i suoi giganteschi affreschi. È proprio attorno a questo conflitto irrisolto, sorta di stupro architettonico che non è però mai stato giudicato come tale, che i registi costruiscono il loro film che riflettono sulle emozioni contrastanti che un tale atto dovrebbe suscitare.
Elegante e ben pensato, il film si avvale del mezzo cinematografico per arricchire un discorso troppo a lungo dominato dall’arroganza di pochi.
E.1027 – Eileen Gray and the House by the Sea è prodotto da Das Kollektiv für Audiovisuelle Werke GmbH, Soap Factory GmbH, SRG SSR e ARTE G.E.I.E. e venduto all’internazionale da Rise and Shine.
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