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IDFA 2023

Recensione: Life Is Beautiful

di 

- Il documentarista palestinese Mohamed Jabaly racconta la sua esperienza di vita in una sorta di limbo politico, bloccato in Norvegia dopo l'inizio della guerra di Gaza del 2014

Recensione: Life Is Beautiful
Mohamed Jabaly in Life Is Beautiful

Life Is Beautiful è uno studio sull'identità nazionale e su quella “in absentia”, il racconto di un individuo che impara cosa significa essere palestinese nonostante non vi abbia mai risieduto pienamente – che è, naturalmente, anche la tragica situazione di molti suoi connazionali. Nel 2014, il regista Mohamed Jabaly si è recato a Tromsø, seguendo un'iniziativa culturale che associava la città norvegese a Gaza; poco dopo, è scoppiata l'ultima delle tante guerre con Israele, con la chiusura del valico di frontiera di Rafah con l'Egitto, l'unico modo per poter potenzialmente tornare a casa. La centralità di questo luogo nella guerra in corso, che è ancora più sanguinosa, non passa di certo inosservata agli spettatori.

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La tragica tempestività di questo film ha avuto conseguenze sul suo lancio ai festival internazionali. L'IDFA, dove il film è stato presentato in concorso e ha ottenuto il premio per la migliore regia (leggi la notizia), è stato al centro delle polemiche: fazioni opposte hanno contestato il modo poco appropriato per garantire sostegno e solidarietà alla Palestina e diversi registi di quella nazionalità (e non) hanno ritirato le loro opere in segno di protesta. Jabaly ha mantenuto lo slot del suo film, dichiarando al Guardian: "Voglio essere ascoltato. [...] Perché ora che tutto è stato distrutto, ciò che rimane sono le nostre storie e la libertà di espressione".

Sebbene Life Is Beautiful non metta sotto accusa la brutale occupazione e il dominio militare di Israele - cosa che potrebbe deludere gli spettatori in cerca di una rilevanza politica più immediata - offre uno sguardo articolato su un palestinese qualsiasi (anche se benedetto da un'autentica abilità registica), interessato a non essere né un agitatore né un combattente, ma solo a voler esistere con dignità nel territorio che ha sempre conosciuto.

Con l'intensificarsi della guerra - che in quell'anno ha visto Israele limitarsi a contenere la minaccia di Hamas, anziché tentare di annientarla, come stiamo vedendo ora - Jabaly si è trovato in bilico tra un unico valico di frontiera che non poteva attraversare e un Paese ospitante sempre più ostile. Con l'instancabile aiuto di Hermann Greuel del Nordic Youth Film Festival, a Jabaly viene offerta una residenza de facto, che gli permette di montare Ambulance, il suo pluripremiato film del 2016 che racconta il periodo trascorso a seguire i servizi di ambulanza di Gaza all'inizio della guerra, oltre a un tetto confortevole sulla testa e all'assistenza legale per ottenere un visto di lavoro. Quest'ultimo gli era stato inizialmente rifiutato perché la Norvegia non riconosce pienamente la Palestina, oltre che per la mancanza di un'istruzione formale in campo cinematografico, che gli avrebbe permesso di dimostrare di essere un regista accreditato e "in attività", al di là della sua illustre filmografia già esistente. Il fluido lavoro di Jabaly con la macchina da presa a mano e i ritmi di montaggio incalzanti fanno sì che questa stasi sembri l'innesco per il pieno sviluppo della sua identità e resilienza cinematografica.

È una cronaca della comunità dei festival e della rete di registi di cui questo stesso giornale si occupa assiduamente: c'è una nota di allegria quando vediamo Jabaly e il suo team presentarsi alla proiezione dello Sheffield Doc/Fest, o lui che viene omaggiato alla cerimonia di premiazione del Giornalismo arabo della BBC a Londra; quando è al suo meglio, la comunità cinematografica genera anche un'appartenenza sovranazionale, soprattutto nel suo costante impegno per la giustizia in Palestina. Alla fine del documentario, con il suo status formativo  in Norvegia e i corsi di laurea in cinema in corso, è in grado di abbracciare finalmente la sua famiglia di Gaza (e soprattutto sua madre, a cui si rivolge la voce fuori campo in tutto il film) dopo sette anni di esilio. Con dolore, gli eventi attuali forniscono un ulteriore senso di chiusura, mentre la vita palestinese lotta per la sua bellezza e sacralità, come troppo spesso è accaduto.

Life Is Beautiful è una coproduzione norvegese-palestinese realizzata da Stray Dogs Norway e Jabali Film. Le vendite internazionali sono curate da First Hand Films.

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(Tradotto dall'inglese)

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