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VENEZIA 2023 Orizzonti Extra

Recensione: L’homme d’argile

di 

- VENEZIA 2023: Raphaël Thiéry e Emmanuelle Devos brillano nel primo lungometraggio di Anaïs Tellenne, un film insolito, dal fascino insidioso sui temi del giudizio, della mostruosità e dell'arte

Recensione: L’homme d’argile
Raphaël Thiéry in L’homme d’argile

"Mi ispiri come un paesaggio mutevole e irregolare, un canyon: imprevedibile e impreciso". Come questo frammento di dialogo, L’homme d’argile [+leggi anche:
trailer
intervista: Anaïs Tellenne
scheda film
]
, primo lungometraggio della regista francese Anaïs Tellenne, presentato nel programma Orizzonti Extra dell'80ma Mostra di Venezia, è un'opera che sfugge alle definizioni e agli stili abituali del cinema contemporaneo, pur senza cadere in una forzata originalità. Il tema del film, suggestivo e sfuggente al tempo stesso, viene esplorato serenamente con un pizzico di mistero, un accenno di ritratto sociale e soprattutto un incontro singolarmente romantico tra un uomo del popolo dal fisico ciclopico che lo distingue dal resto del mondo e un'artista che "odia sentirsi osservata e giudicata".

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Custode, giardiniere e tuttofare di una casa padronale isolata nella foresta, disabitata da tempo, dove lui e la madre (Mireille Pitot) vivono in una dependance, il 58enne Raphaël (Raphaël Thiéry) non ha praticamente alcun contatto con il mondo esterno, a parte le prove di cornamusa con il gruppo Terra Gallica e le scappatelle nel bosco con la postina (Marie-Christine Orry). Va detto che la sua sagoma massiccia e con un occhio solo è più inquietante che altro. Ma l'arrivo, in piena tempesta e senza bagagli, di Garance (Emmanuelle Devos), la liberissima e solitaria padrona di casa ("Vado dove voglio e torno quando voglio"), che è anche un'artista contemporanea soprannominata "La Signora Blu", famosa tanto per le sue performance che per il fatto di tatuarsi il corpo con tagli da macellaio, stravolge la vita di Raphaël e, con il tempo, anche la sua percezione di sé. Infatti, mentre tiene d'occhio la sua strana vicina, il nostro protagonista si rende presto conto che Garance lo ha scelto come modello per le sue statue di argilla. Ma non è altro che un Golem nelle mani di questa artista, o può osare sperare di più?

"Tutto è vita, tutto è arte". Nell'affrontare questa storia, che mette in discussione la normalità della condizione umana e l'influenza che le opinioni altrui hanno su di noi, la regista (che ha scritto anche la sceneggiatura) opera su un registro relativamente insolito, mescolando vagamente la fiaba con un realismo molto concreto e offrendo un'atmosfera e un ritmo molto personali. È una prospettiva rischiosa ma proficua per questo film molto coinvolgente, che deve molto ai suoi due carismatici interpreti principali e che annuncia l'emergere di un regista con una voce propria.

Prodotto da Koro Films, L’homme d’argile è venduto nel mondo da Be For Films.

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(Tradotto dal francese)

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