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TORONTO 2023 Discovery

Recensione: Solitude

di 

- Il primo lungometraggio di Ninna Pálmadóttir è uno studio leggero e delicato di un contadino malinconico in cerca di legami quando si stabilisce a Reykjavík

Recensione: Solitude
Hermann Samúelsson e Þröstur Leó Gunnarsson in Solitude

Quando un uomo ha come compagnia solo i suoi animali per decenni - per quanto sia premuroso con loro - forse possiamo aspettarci lo stesso comportamento nei confronti degli esseri umani. Questo è ciò che Ninna Pálmadóttir suggerisce nel suo film d'esordio, Solitude [+leggi anche:
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intervista: Ninna Pálmadóttir
scheda film
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, presentato in anteprima nella sezione Discovery di Toronto, e che esprime impressioni critiche e al contempo ottimistiche sul suo Paese d'origine, l'Islanda. Con l'affermato regista islandese Rúnar Rúnarsson come unico sceneggiatore,  Pálmadóttir ha realizzato un film d'esordio coinvolgente e ben girato, che medita su numerose questioni di interesse nazionale, come l'urbanizzazione del Paese e la sua risposta alla crisi dei rifugiati, evitando però i cliché e l'eccessiva familiarità.

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Il protagonista preferito del cinema islandese moderno è il l’”uomo delle montagne": spesso silenzioso, anziano, ma molto autonomo; brusco, ma con un'apparente cordialità; e magari affetto da alcolismo, da temperamento furioso o da un'altra patologia. Gunnar (Þröstur Leó Gunnarsson), che è la variante di questo personaggio creata da Pálmadóttir e Rúnarsson, è caratterizzato da una certa innocenza, tanto che i suoi comportamenti non sono sempre plausibili o realistici, per quanto le ambientazioni siano invece disegnate in modo convincente. Come un personaggio di una fiaba, gli viene regalato un uovo d'oro, o più precisamente 150 milioni di corone da parte dal governo, che si appropria dei suoi vasti terreni agricoli, destinati a diventare gradualmente inutilizzabili a causa del passaggio dell'acqua di una diga idroelettrica. Gunnar si sposta quindi in una zona periferica e piuttosto lussuosa di Reykjavík e acquista una piccola casa a misura di famiglia; classicamente, chiede che i vecchi mobili e l'arredamento degli inquilini precedenti vengano mantenuti.

Gunnar inizia quindi una serie di piccole avventure alla Chaplin, che gradualmente prendono una piega oscura. Giustamente allarmato per la deportazione da parte del governo islandese dei rifugiati afghani che hanno attraversato illegalmente il confine, preleva al volo 50 milioni di corone in contanti dalla sua banca, con l'intenzione di donarli a un gruppo di attivisti. "Vuole che una guardia di sicurezza la scorti fino a casa?", gli chiede tra il serio e il faceto il direttore della banca. Lo sviluppo chiave della trama è la sua nascente, e forse preoccupante, amicizia con Ari (Hermann Samúelsson), un bambino solitario di dieci anni che vive nella grande casa di fronte alla sua e che viene sballottato tra la madre e il padre separati che stanno litigando per trovare un accordo stabile di co-genitorialità. 

Un cenno di saluto quando si incontrano per strada e da quel momento Gunnar  si prende cura di Ari e gli dà da mangiare a casa sua, dopo che il ragazzo ha smarrito le chiavi di casa. In una scena placida e carina, probabilmente priva di qualsiasi valore simbolico, i due giocano a scacchi su una scacchiera d'epoca; non rappresenta nulla, né a livello nazionale né generazionale, è solo una cosa divertente e coinvolgente. Ma ciò che crea disagio è la volontà di Gunnar di prendersi cura di lui e di accompagnare Ari in posti come il centro commerciale o alle sue partite di calcio juniores, e almeno inizialmente, sua madre Unnur (Anna Gunndís Guðmundsdóttir) apprezza l'aiuto extra.

Vedendo crescere questo rapporto, lo spettatore potrebbe avvertire un senso di tensione che è sproporzionato rispetto al modo in cui Pálmadóttir lo gira e lo mette in scena; anche il fatto che lo stesso Gunnar sia un po' un personaggio da fantasy, privo di qualsiasi retroscena, intenzionalmente o meno, non aiuta la persuasività della storia. La regista però evoca indubbiamente i modesti travagli esistenziali dell'Islanda moderna, dal passato mitico e dal futuro forse potenzialmente grande, e il cui cinema spesso ricade felicemente in un’oscurità tonale, un po' come la luce del giorno che sta scemando.

Solitude è una coproduzione tra Islanda, Slovacchia e Francia di Pegasus Pictures, nutprodukcia, Jour2Fête e Halibut. Le vendite internazionali sono curate da The Party Film Sales.

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(Tradotto dall'inglese)

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