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CANNES 2024 Concorso

Recensione: Diamant Brut

di 

- CANNES 2024: Il primo lungometraggio di Agathe Riedinger è incisivo, toccante e molto dinamico, sulle grandi speranze di elevazione sociale grazie ai reality

Recensione: Diamant Brut
Malou Khebizi in Diamant Brut

"O tu il cui potere si estende a tutti i nostri bisogni e che sai rendere possibili le cose più impossibili, apri i tuoi occhi di padre agli interessi dei tuoi figli". È la preghiera a San Giuseppe per le cause difficili recitata dalla diciannovenne protagonista di Diamant Brut [+leggi anche:
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intervista: Agathe Riedinger
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, l'energica opera prima di Agathe Riedinger in concorso al 77mo Festival di Cannes. Ma se il film dovesse essere collocato nell’ambito di una religione, sarebbe quella dei tempi moderni e delle classi lavoratrici che sognano di sfuggire alla loro realtà e di raggiungere la celebrità attraverso o reality show in tv. Un tema che la regista francese affronta con una passione frontale e ipermoderna, trascinando lo spettatore senza mediazioni sulla scia toccante di una Cosette contemporanea che immagina di essere Cenerentola nel vortice dei social network.

"Ho intenzione di creare un po' di buzz". Liane (Malou Khebizi, che irrompe sullo schermo alla sua prima apparizione cinematografica) non ha paura di divertirsi, attraversando la landa desolata con i suoi pantaloncini di jeans, passando sotto le recinzioni, commettendo piccoli furti per vendere di nascosto profumi, chiavette USB, cuffie... A casa, a parte la sorellina, l'atmosfera è tesa, con una madre (Andréa Bescond) disoccupata e vagamente mantenuta da ragazzi di passaggio. Ma ci sono le brave amiche d'infanzia e, soprattutto, le influencer della rete, i loro consigli di bellezza da Dubai (dal balsamo segreto sulle mucose intime al rimodellamento da chirurgia estetica) e i reality. E la chiamata di un direttore del casting per la nona stagione di Miracle Island ha sconvolto la vita di Liane: "Siamo molto interessati al video che ci hai mandato". Un (affascinante) provino  dopo, Liane è già convinta di essere dentro, ma è risaputo che c'è molta strada da fare...

Con la sua accattivante eroina, sempre in movimento e dal carattere forte, che aspira alla libertà e alla verità nel tumulto ancora ingenuo di una post-adolescenza piena di grandi speranze e di emozioni mal incanalate, Diamant Brut dipinge un quadro impressionante e dettagliato di una gioventù risucchiata da una mitologia dell'apparenza e del denaro ("nella vita, solo i belli hanno successo. Se sei bello sei ammirato, se sei ammirato sei potente, e se sei potente ti pagano un sacco di soldi") e dalla dipendenza dai social network (ottenere più follower a tutti i costi, immergersi nei commenti ai propri post, che il film riesce a trasformare in un vero e proprio personaggio). È una spirale di fantasia e di ricerca di un ascensore sociale espresso in cui si insinua la disperazione, che il regista (che ha scritto anche la sceneggiatura) dipana con grande efficacia, passo dopo passo, con il contrappunto di una nascente e "normale" storia d'amore con Dino (Idir Azougli), un giovane del posto. È una cavalcata appassionata sulla grande ruota (la lotteria?) dell'esistenza, avvolta da una bella e carnale fotografia di Noé Bach. E per quanto riguarda la novena a San Giuseppe, visto che bisogna credere perché le preghiere vengano esaudite, non c'è dubbio che la fata buona di Cannes si sia chinata sulla culla di un giovane regista a cui non mancano né cuore né temperamento.

Diamant Brut è prodotto da Silex Films, in coproduzione con France 2 Cinéma e Germaine Films, e venduto da Pyramide International.

(Tradotto dal francese)

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