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CANNES 2024 Cannes Premiere

Recensione: Rendez-vous avec Pol Pot

di 

- CANNES 2024: Con questo film di finzione, Rithy Panh firma una nuova e personale variazione nella sua ricerca cinematografica sul genocidio cambogiano

Recensione: Rendez-vous avec Pol Pot
Bunhok Lim (centro sinistra), Grégoire Colin (centro) e Irène Jacob (a destra) in Rendez-vous avec Pol Pot

“Siamo tutti soli in questo pazzo paese”. Unici passeggeri di un aereo che li ha lasciati nel 1978 su una pista deserta in mezzo al nulla (si pensava che fosse a due ore a nord di Phnom Penh), tre giornalisti francesi hanno atteso per giorni sotto scorta (cortese ma poco rassicurante) il permesso di andare a intervistare il leader del Paese. A poco a poco, i loro occhi cominciano ad aprirsi, ma non senza rischi...  

Per l'ottava apparizione della sua carriera in Selezione ufficiale al Festival di Cannes, e questa volta nel programma di Cannes Première con Rendez-vous avec Pol Pot [+leggi anche:
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, Rithy Panh non sorprende nella scelta del suo soggetto, essendo il genocidio cambogiano l'argomento preferito del regista. D'altra parte, non solo le sue incursioni nella finzione cinematografica sono rare (questo è il suo terzo lungometraggio di questo genere – a parte i film per la TV – dal suo debutto nel 1989), ma non aveva mai affrontato prima d'ora attraverso la finzione il suo tema preferito, che lo ha reso il grande documentarista che è. L'interesse e la curiosità erano quindi alti e non sono stati delusi: il regista è riuscito a imporre il suo tocco caratteristico, in particolare facendo occasionalmente uso di figurine di argilla (come nel documentario L’immagine mancante [+leggi anche:
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) e di filmati d'archivio, incarnando perfettamente la sua storia in personaggi in carne e ossa, in particolare i tre reporter: Lise (Irène Jacob), Alain (Grégoire Colin) e Raoul (Cyril Guei).   

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“Sono un giornalista, non un turista”, “dovete rispettare le regole o sarete licenziati”. Guidati da un ossequioso rappresentante del ministero degli Esteri (Bunhok Lim) che parla francese e molto cauto, il nostro trio viene portato in giro per la zona con visite organizzate dalla propaganda che fa comodo al regime dei Khmer Rossi, al potere da tre anni. Il culto della personalità del Fratello Numero 1 (Pol Pot), il villaggio Potemkin, le interviste in politichese (“con una coscienza rivoluzionaria si può fare tutto”, “fate troppe domande”), l'onnipresente supervisione militare: i giorni passano in un'attesa improduttiva, anche se i giornalisti non si lasciano ingannare (sanno, tra l'altro, che l'intera popolazione della capitale è stata deportata in campagna). Ma ognuno ha il suo carattere, e mentre Lise sta al gioco, cercando di leggere tra le righe, Alain ha come unico obiettivo quello di rivedere Pol Pot (il suo vecchio compagno di scuola di Parigi, che ammira e con cui corrisponde da 30 anni). Quanto al fotografo Raoul, è talmente impaziente e arrabbiato che un giorno si allontana di nascosto per indagare da solo. Una fuga che fa precipitare tutto...

Sviluppato attorno a una trama che procede sottilmente a piccoli passi (sceneggiatura di Pierre Erwan Guillaume e Rithy Panh basata sul libro When the War Was Over di Elizabeth Becker), Rendez-vous avec Pol Pot è un ritratto agghiacciante ed edificante dell'indottrinamento (“l'Angkar elimina tutti i parassiti che gli si oppongono”) e della deriva assoluta degli ideali di giustizia rivoluzionaria (“il popolo è al potere e il popolo vuole il sangue”), toccando al contempo la pratica del giornalismo. Mescolando magistralmente finzione, rappresentazioni simboliche (le figurine) e il realismo degli archivi documentari, il regista trova il giusto equilibrio (con un budget ragionevole) per educare e trasmettere il suo messaggio di denuncia di un genocidio, senza cedere al canto delle sirene di una rievocazione indecente, ma senza nemmeno nascondersi dalle atrocità commesse in nome di un totalitarismo che propugnava “l'assenza dell'uomo piuttosto che un uomo imperfetto”, di cui rivendicava la definizione.  

Rendez-vous avec Pol Pot è prodotto dalla società francese Catherine Dussart Productions (CDP) e la società cambogiana Anupheap Production, ed è venduto nel mondo da Playtime.

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(Tradotto dal francese)

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