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CANNES 2024 Cannes Première

Recensione: Maria

di 

- CANNES 2024: Ripercorrendo la tormentata carriera dell'attrice Maria Schneider con grande pudore e accuratezza, Jessica Palud firma un'opera di denuncia femminista molto contemporanea

Recensione: Maria
Anamaria Vartolomei in Maria

“Sei una pagina bianca e hai un'aria ferita che mi piace molto (...) Gireremo il nudo nel modo più artistico possibile, ma il film ruota attorno a un'intensa relazione fisica”. Maria Schneider (la straordinaria Anamaria Vartolomei) ha 19 anni e la sua carriera cinematografica è in fase embrionale quando, in un caffè parigino, l'astro nascente italiano Bernardo Bertolucci (Giuseppe Maggio) le offre il ruolo di Jeanne nel suo prossimo film, Ultimo tango a Parigi.

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È il 1971 e le riprese del film, con la star americana Marlon Brando (l'impeccabile Matt Dillon), scatenano uno scandalo internazionale che destabilizza profondamente la vita di questa giovane donna. Nel toccante film di Jessica Palud Maria [+leggi anche:
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, presentato in anteprima al 77mo Festival di Cannes, la cineasta francese decide di sfruttare il tragico destino della Schneider per evidenziare le responsabilità degli uomini in una settima arte in cui l'ossessione per il lavoro in sé può facilmente schiacciare le donne.

"È gentile, come lo sono tutti gli uomini: si scopa tutto quello che si muove e poi torna a casa dalla moglie borghese. E smettila di piagnucolare!". La madre di Maria (Marie Gillain) è sconvolta quando viene a sapere che la figlia sedicenne frequenta il padre attore (Daniel Gélin, interpretato da Yvan Attal) che non si è mai occupato di lei e che non l'ha mai riconosciuta. Ma il mondo del cinema è straordinariamente luminoso per questa giovane donna e, prima che se ne accorga (dopo essere stata brutalmente cacciata dalla casa materna), è un'attrice emergente. Tre anni dopo, raggiunge l'apice della sua carriera, ottenendo il suo primo ruolo importante davanti alle telecamere accanto a una star mondiale, grazie a un regista etichettato dalla stampa come un genio. Le riprese prendono il via, ma un giorno, inaspettatamente, tutto va storto (“le maschere cadono e la verità viene fuori”, “mi sentivo come se fossi stata violentata da due uomini allo stesso tempo”) in una sola sequenza che offusca il futuro di Maria sotto ogni aspetto...

Adattamento della regista con Laurette Polmanss del romanzo di Vanessa Schneider Tu t'appelais Maria Schneider, il film getta uno sguardo meticoloso sugli eventi realmente accaduti (incredibile la sezione che ricostruisce le riprese del film) e sul lato spietato di questa industria che permette spudoratamente qualsiasi cosa in nome del clamore mediatico e che ripete gli stessi vecchi errori senza curarsi delle persone interessate. È chiaro che il posto delle donne nel cinema (“belle idiote o ragazze perverse”, “i film sono per lo più scritti da uomini per uomini, la maggior parte dei registi sono uomini”) è al centro di questa storia, una questione che risuona chiaramente nell'epoca moderna, dato che certe tendenze tossiche e maschiliste sono ancora lontane dall'essere sradicate. Ma la qualità più grande del lungometraggio di Jessica Palud è che lascia che i fatti parlino da soli in un ritratto commovente ed ellittico, splendidamente valorizzato dalla fotografia di Sébastien Buchmann.

Maria è prodotto da Les Films de Mina e coprodotto da Moteur S’il Vous Plaît e da StudioCanal (che ha appena acquisito Orange Studio), che guida anche le vendite internazionali.

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(Tradotto dal francese)

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