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CANNES 2024 Concorso

Recensione: All We Imagine as Light

di 

- CANNES 2024: La regista indiana Payal Kapadia ha creato un'opera ibrida e ammaliante che scava nel cuore delle donne del suo paese e nel loro desiderio di un altro mondo

Recensione: All We Imagine as Light
Kani Kusruti (centro) in All We Imagine as Light

"Alcuni la chiamano la città dei sogni, ma io non la chiamo così. Penso che sia la città delle illusioni". "C'è un codice non detto: anche se vivi nelle fogne, non ti è permesso provare rabbia. La gente lo chiama lo spirito di Mumbai". “Devi credere in questa illusione o impazzisci". Dopo l'acclamato esordio con il documentario A Night of Knowing Nothing [+leggi anche:
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, la regista indiana Payal Kapadia ha portato il suo innegabile stile, una miscela di poesia e realismo, nel territorio della fiction con l'ammaliante All We Imagine as Light [+leggi anche:
trailer
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,  in concorso al 77mo Festival di Cannes.

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Ciò che non è cambiato è l'intenzione della regista di dare voce a chi non ha voce nel suo Paese, in questo caso le donne. Ed è in un vortice abilmente costruito di sentimenti contrastati in cerca di libertà che immerge le sue protagoniste (due infermiere compagne di stanza e un'amica più anziana, cuoca dell'ospedale) nel centro del vasto cerchio di una città tentacolare di 21 milioni di abitanti. Si tratta di esistenze, e di un film, immersi nella particolarissima atmosfera di impermanenza che caratterizza la cultura indiana, dove la parola hindi "Kal" significa sia oggi che domani, dove le barriere religiose, i matrimoni combinati e l'emigrazione separano le persone che si amano e dove gli immobiliaristi ristrutturano i quartieri come rulli compressori.

Nella loro vita professionale quotidiana, l'esperta Prabha (Kani Kusruti) e la più giovane Anu (Divya Prabha) conoscono perfettamente la musica del corpo umano (parlano dello speculum vaginale di Sims, delle pinze arteriose, delle vasectomie, delle pillole contraccettive, ecc.) Ma nella loro vita privata si suppone che la cultura del contenersi sia di rigore. La figlia maggiore sopporta, tenendo nascosti i suoi tormenti (il marito, andato a lavorare in Germania, non la chiama da un anno e le invia solo una pentola per il riso nuova di zecca) e il suo riserbo di fronte alle avances romantiche di un medico. La figlia minore, invece, sfida le regole frequentando il musulmano Shiaz (Hridhu Haroon), una storia d'amore piena di complicazioni pratiche. La cuoca Parvati (Chhaya Kadam), una vedova che lotta contro uno sfratto ingiusto, decide di invitare le due infermiere nel suo villaggio natale in riva al mare...

Intrecciato con un'affascinante miscela di densità documentaristica iperrealistica e romanticismo melodrammatico nella tradizione del cinema indiano, All We Imagine as Light brilla particolarmente nei suoi primi due terzi, urbani e notturni, in cui Payal Kapadia dimostra la sua finissima capacità di distillare esteticamente e narrativamente i tanti piccoli e dispersi elementi della vita quotidiana. E se il passaggio alla luce è, per quanto piacevole, più artificiale, con un finale sconcertante, la cineasta impone comunque una firma femminista ibrida piena di fascino e di altissimo potenziale artistico.

All We Imagine as Light è prodotto dalla società francese Petit Chaos e coprodotto da Arte France Cinéma, Baldr Film (Paesi Bassi), Chalk & Cheese (India), Another Birth (India), Les Films Fauves (Lussemburgo) e Pulpa Film (Italia). Le vendite internazionali sono curate da Luxbox.

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(Tradotto dal francese)


Photogallery 23/05/2024: Cannes 2024 - All We Imagine as Light

23 immagini disponibili. Scorri verso sinistra o destra per vederle tutte.

Payal Kapadia, Hridhu Haroon, Kani Kusruti, Chhaya Kadam, Divya Prabha
© 2024 Fabrizio de Gennaro for Cineuropa - fadege.it, @fadege.it

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