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MILLENNIUM DOCS AGAINST GRAVITY 2024

Recensione: Just Hear Me Out

di 

- Il documentario intimo di Małgorzata Imielska, tenero e straziante al tempo stesso, presenta una giovane donna alle prese con le ricadute della salute mentale e il desiderio di indipendenza personale

Recensione: Just Hear Me Out

A volte non serve molto per essere felici. Come nel caso di Gosia, il cui obiettivo, dopo due anni di ricovero in un ospedale psichiatrico, è semplicemente quello di "tornare alla normalità": comprare nuovi vestiti che le stiano bene e tagliarsi i capelli in modo decente, sostenere l'esame di ammissione all'università, provare a vivere da sola e trovare qualcuno da amare. Il pensiero del raggiungimento di uno di questi obiettivi rende Gosia raggiante, soprattutto quando le voci e le allucinazioni che accompagnano la patologia diagnosticata la lasciano in pace.

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Purtroppo però prima o poi ritornano, nonostante la terapia e i farmaci, così Gosia impara a sorridere con il cuore quando riesce ad abbracciare i brevi momenti senza nuvole tra una crisi e l'altra. La gioia della vita non si trova forse apprezzando le pause più luminose che squarciano l'oscurità prima che questa prenda definitivamente il sopravvento? Questo sembra essere il senso di Just Hear Me Out, che ha celebrato la sua prima mondiale al Millennium Docs Against Gravity e ha ottenuto due menzioni speciali nelle categorie Best Polish Film Award e Arthouse Cinema Association Award del Concorso polacco (leggi la notizia).

Seguendo il suo personaggio per tre anni, l'esperta documentarista Małgorzata Imielska è riuscita a costruire un riflesso onnicomprensivo della lotta per la vita di Gosia attraverso gli alti e i bassi, durante le giornate "soleggiate", anche quando fuori è grigio, ma anche attraverso spaventosi scoppi di disperazione, odio verso se stessa, pensieri suicidi e ansia generale. La macchina da presa poi si avvicina delicatamente anche alla madre di Gosia durante le conversazioni con la figlia o la terapia di gruppo per un sostegno reciproco, poiché sembra più disposta ad apparire sullo schermo rispetto al padre, che c'è ma è timido e la sua presenza è più sporadica e meno partecipativa. In effetti la distanza rispettosa che la troupe mantiene dalla famiglia nelle scene in cui non parlano direttamente alla telecamera è uno dei vari aspetti da ammirare di questo film. Vediamo le loro figure da lontano, o attraverso alberi, sbarre di sicurezza alle finestre e altre barriere protettive, in modo da ricordarci che non siamo altro che spie nel loro spazio privato. È come se Imielska citasse silenziosamente Krzysztof Kieślowski, che nel film del 1995 su se stesso I'm So-so, dice che ci sono luoghi e momenti in cui al documentarista non è permesso accedere con la sua macchina da presa - il motivo per cui ha rinunciato ai documentari e ha realizzato solo fiction.

Inoltre la regista si sforza di capire, di ascoltare davvero Gosia e di concentrarsi sulla sua personalità, invece di contrapporla al mondo inevitabilmente ostile che la circonda - un metodo spesso applicato nei documentari socialmente impegnati o attivisti. In questo modo, invece di essere ritratta come una vittima della sua malattia, del sistema sanitario o dell'indifferenza che la circonda, Gosia viene mostrata come un essere umano controverso con cui la maggior parte di noi può identificarsi. Vediamo la sua ammirevole forza nell'affrontare l'imprevedibilità del suo cervello problematico e, parallelamente, trovare l'energia per mostrare compassione per i suoi amici, anch'essi in difficoltà.

L'obiettivo discreto ma allo stesso tempo penetrante di Zuzanna Zachara Hassairi (nota per il suo squisito lavoro con Lidia Duda, un'altra intelligente e sensibile documentarista polacca) coglie e sottolinea le sfumature di umore tra una realtà simile al vuoto e il suo riflesso nello specchio distorto del lato oscuro dell'anima, e tra desolazione e speranza.

Just Hear Me Out è prodotto dallo Studio Filmowe Kalejdoskop con il Mazovia Warsaw Film Fund e Telewizja Polska.

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(Tradotto dall'inglese)

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