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CANNES 2024 Quinzaine des Cinéastes

Recensione: Sister Midnight

di 

- CANNES 2024: L'esordio nel lungometraggio dello sceneggiatore e regista londinese Karan Kandhari presenta i ruoli coniugali attraverso l'umorismo slapstick e i tropi della commedia horror

Recensione: Sister Midnight
Radhika Apte in Sister Midnight

Nessuno ti insegna come diventare un adulto, un marito o una moglie. Uma (Radhika Apte) è abbastanza autosufficiente da saperlo durante il viaggio in treno che la porta dalla sua piccola città a Mumbai e al suo matrimonio combinato con Gopal (Ashok Patak), ma la vita è imprevedibile. Il giorno dopo, i due si risvegliano in nuovi ruoli sociali con risultati imbarazzanti e comici: lei non sa cucinare e lui scappa ogni volta che si toccano. Il regista indiano Karan Kandhari, residente a Londra, ha presentato il suo primo lungometraggio, Sister Midnight [+leggi anche:
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scheda film
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, alla Quinzaine des Cinéastes di Cannes come un inno agli emarginati di tutto il mondo, ma si tratta di un film che nel muoversi tra commedia e horror perde sostanza.

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La prima metà del film fa un ottimo lavoro per definire i personaggi e la loro sensibilità, a testimonianza della chiara visione dello sceneggiatore-regista su chi e cosa siano i suoi protagonisti. Uma è grintosa e irascibile, la sua pazienza si esaurisce quando si tratta di doveri domestici e, in modo piuttosto infantile, preferirebbe che il mondo si conformasse a lei, invece che il contrario. In un certo senso, il suo personaggio è autocontraddittorio – sia radicalmente femminista che infantile – ma queste energie contrastanti illuminano la performance fisica di Apte, soprattutto nel terzo atto del film, quando subisce una trasformazione. La pluripremiata attrice (premio Tribeca come miglior attrice per Madly) conduce Sister Midnight con stile, e il suo livello di investimento nel personaggio di Uma evoca quello di una partner in crime. Gopal è il suo contraltare, silenzioso e spassosamente evasivo. Insieme, i due si scambiano le battute e formano un brillante duo comico, privo di tensione sessuale.

Sister Midnight ha una terza protagonista, ed è Mumbai: il suo calore, il suo brusio, l'invadenza dei vicini e le pareti sottili della minuscola baracca di Uma e Gopal possono non offrire molta tregua a una giovane donna inquieta, ma il fascino è lì. La macchina da presa di Sverre Sørdal cattura il volto mutevole della città attraverso il giorno e la notte in lunghe inquadrature splendidamente composte che hanno il sapore di una lettera d'amore. Per quanto riguarda la coerenza del film, in termini di tono e di trama, è innegabile che Kandhari sappia produrre scene comiche vivaci e di un horror umoristico, ma mai allo stesso tempo.

Man mano che Uma entra ed esce dai suoi doveri coniugali (dall'avviare momenti di intimità al trovare un lavoro di pulizia notturna dall'altra parte della città), Sister Midnight perde gradualmente il suo smalto. Forse ci sono troppe allegorie per tenere il film con i piedi per terra e troppi colpi di scena che distolgono l'attenzione dalla transizione di Uma verso l'età adulta. Tuttavia, Uma vive alle sue condizioni e questo rende Sister Midnight un film emozionante. È sempre caotico, e mai noioso, accompagnare una donna indisciplinata nel suo percorso (contorto) verso la realizzazione di sé.

Sister Midnight è una coproduzione britannica-indiana-svedese, realizzata da Wellington Films, Griffin Pictures, Filmgate Films e Suitable Pictures. Protagonist Pictures cura le vendite mondiali.

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(Tradotto dall'inglese)

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