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CANNES 2024 ACID

Recensione: Un pays en flammes

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- CANNES 2024: È un paradiso pirotecnico il lungometraggio sperimentale d'esordio di Mona Convert, ambientato nella foresta delle Landes, nella Nuova Aquitania

Recensione: Un pays en flammes

Se avete provato la magia dei fuochi d'artificio di persona, sapete che guardare foto e video non è mai la stessa cosa. Nel suo primo lungometraggio, Mona Convert confuta ambiziosamente questa idea per creare Un Pays en flammes, presentato in anteprima mondiale nella sezione ACID del Festival di Cannes di quest'anno. Questo film sperimentale, ampio e ritmato, mette in relazione la magia dei maestri pirotecnici con la foresta e i terreni agricoli in cui vivono nel sud-ovest della Francia. L'universo di Convert ci viene presentato in condizioni di estrema oscurità: poiché il film è girato con un'illuminazione aggiuntiva minima (se non addirittura nulla), si rischia di dover strizzare un po' gli occhi per catturare il tutto, finché gli occhi non si adattano alle condizioni.

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Un Pays en flammes segue liberamente i pirotecnici Margot Auzier e Patrick Auzier, padre di Margot, che, nella vita reale, vivono in un villaggio nella foresta delle Landes, in Nuova Aquitania. Ma l'opera di Convert non è né completamente di finzione né completamente documentaria, in parte messa in scena e in parte osservazione, con un cast di supporto di amici e familiari degli Auzier: Jean Pujol-Auzier, Myriam Roubinet, Vincent Mazaudier, Fabien Coulombier e altri. In qualità di sceneggiatrice, regista e anche direttrice della fotografia, l'autrice ha girato il film come un video amatoriale, con la telecamera che gira e rigira per seguire i personaggi in movimento, ma paziente e ferma nei momenti di cameratismo e unità.

Certo, non è un film per tutti i pubblici; la pazienza è fondamentale per immergersi in questo mondo mistico. Il film si svolge come un fuoco d'artificio: piccoli picchi e valli con un po' di mistero lungo la strada, che portano a un finale esplosivo, letteralmente. Nei momenti più lenti, siamo testimoni della vita di fattoria nella Francia rurale: la famiglia e gli amici lavorano insieme per pulire e cucinare un maiale, mentre un'altra persona confeziona sanguinacci. Gli spettatori sono testimoni anche della lentezza dei terreni agricoli: pecore e altri animali si aggirano, alcuni fissando direttamente la telecamera, evocando momenti del Bestiaire di Denis Côté. In una delle sequenze narrative più avvincenti, vediamo Margot indossare una tuta e un casco completamente riempiti di materiale pirotecnico. Dopo averli accesi, le scintille si sprigionano rapidamente da una sagoma umana che si allontana dalla macchina da presa.

C'è una certa ineluttabile qualità magica, o forse soprannaturale, nel film, che si manifesta sia in forma visiva che sonora. Un Pays en flammes si svolge con l’accompagnamento di una registrazione di una performance dal vivo di Bernard Lubat e Fabrice Vieira, la cui colonna sonora è piena di sintetizzatori dissonanti, canti eterei e inquietanti linee vocali parlate che suonano come incantesimi incomprensibili, conferendo all'ambiente sonoro un'estetica stregonesca. Fuochi d'artificio, lavoro umano, passi e natura sono modellati insieme in un paesaggio sonoro intrecciato da Carlos Filipe Fonseca Cavaleiro, dal sibilo dei fuochi d'artificio scoppiettanti ai suoni della cucina della fattoria. Gli appassionati di cinema sperimentale potranno fare un parallelo con le sequenze di fuochi d'artificio di Light, Noise, Smoke, and Light, Noise, Smoke di Nishikawa Tomonari, un cortometraggio ipnotico e ritmico di sei minuti, anch'esso raffigurante fuochi d'artificio e girato in 16 mm. Gli spettatori rimangono a riflettere sull'intricata simbiosi tra l'uomo e la natura che sembra rivelarsi nel corso del tempo: forse la magia accade davvero solo nell'oscurità.

Un Pays en flammes è una produzione francese di Triptyque Films, coprodotta dalla portoghese Kintop.

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(Tradotto dall'inglese)

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