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CANNES 2024 Quinzaine des Cinéastes

Recensione: Les Pistolets en plastique

di 

- CANNES 2024: Il terzo film di Jean-Christophe Meurisse è una rivisitazione in chiave farsesca di eventi reali che punta pesantemente sull'umorismo macabro

Recensione: Les Pistolets en plastique
Delphine Baril e Charlotte Laemmel in Les Pistolets en plastique

“Ispirato a fatti realmente accaduti”, recita il titolo di Les Pistolets en plastique [+leggi anche:
intervista: Jean-Christophe Meurisse
scheda film
]
, l'ultimo titolo del regista francese Jean-Christophe Meurisse, che quest'anno ha chiuso la Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes. Prima di sapere che il film si prenderà gioco degli omicidi e della scomparsa di Dupont de Ligonnès nel 2011, la scena iniziale inquadra due patologi chini su un cadavere. Mentre aprono il torace ed estraggono gli organi, discutono di serie poliziesche e della percentuale di crudeltà che gli spettatori di Netflix consumano a ogni visione (si stima un 30%, dicono). Questo umorismo macabro permea Les Pistolets en plastiques dall'inizio alla fine rendendolo uno spasso, in particolare come film di chiusura della Quinzaine.

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Sono i patologi della scena iniziale a presentarci Zavatta (Anthony Paliotti), tra sussurri di ammirazione. Secondo loro, sarebbe il miglior profiler in grado di superare in astuzia anche il più sfuggente dei serial killer, ma quando la scena passa a mostrarci l'uomo stesso, la sua passeggiata al rallentatore nella sala d'aspetto di un aeroporto (stuzzicadenti in bocca) è semplicemente ridicola. Nel bagno, individua un uomo sul cui passaporto c'è scritto Michel Uzès (Gaëtan Peau), ma secondo Zavatta si tratta di un serial killer in fuga – Paul Bernardin, l'assassino di sua moglie e dei suoi tre figli – e la polizia deve essere allertata. Nel frattempo, da qualche altra parte in Francia, Léa (Delphine Baril) e Christine (Charlotte Laemmel) ricevono i diplomi di investigazione Facebook per il loro accurato lavoro sul caso Bernardin, svolto comodamente da casa. A Buenos Aires, un uomo (Laurent Stocker) che potrebbe essere il vero Bernardin sta per sposarsi con una giovane donna insospettabile.

Les Pistolets en plastiques si muove tra la Danimarca, la Francia e l'Argentina – tra stazioni di polizia, aeroporti, luoghi di vacanza e case di campagna – seguendo tutti questi personaggi mentre le loro agende convergono su un caso di omicidio. Léa e Christine sono forse le figure più intriganti del film, in quanto rappresentano sia le comunità investigative Reddit/4chan che il pronunciato interesse delle donne per il true crime, quindi è naturale che la sceneggiatura di Meurisse e Amélie Philippe dia loro più respiro. Gli uomini, Zavatta, Bernardin e Uzès, si rendono tutti ridicoli, togliendo così al film un po' di spessore, pur conservando un pizzico di atrocità.  

Realizzare una commedia assurda a partire dalla cruda realtà richiede sfumature e sensibilità e, di conseguenza, le battute potrebbero non piacere a tutti, così come le interpretazioni molto tirate e orgogliosamente teatrali. Detto questo, Les Pistolets en plastiques può rivelarsi un buon film anche per gli spettatori più scettici, perché lascia il tempo di svilupparsi (attraverso riprese lunghe e dialoghi ampi) e di far crescere i personaggi. La sua premessa spinge anche a indovinare chi sia il vero assassino, il che è il semplice, ma efficace, piacere di guardare una crime-comedy. Alla fine del film, un agghiacciante promemoria ci ricorda che le cose di cui ridiamo sono spesso quelle potenzialmente più pericolose – ma fino ad allora, per un po' di tempo, può tutto essere un divertimento e un gioco.

Les Pistolets en plastiques è prodotto dalle compagnie francesi Mamma Roman e Kick’n Rush, ed è venduto nel mondo da Charades.

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(Tradotto dall'inglese)

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