Recensione: Three Days of Fish
- Al suo secondo lungometraggio, il regista olandese Peter Hoogendoorn propone un dramma familiare minimalista e agrodolce, giocando con l'ambiguità dell'affetto tra padre e figlio

Avendo realizzato il suo film con in mente il detto "l'ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza", Peter Hoogendoorn non ha evidentemente paura di affrontare situazioni impegnative nelle relazioni familiari in cui tutti noi potremmo trovarci invischiati prima o poi, ma che pochi di noi oserebbero affrontare o sarebbero in grado di trovare il tono giusto per discuterne. A questo proposito, Three Days of Fish [+leggi anche:
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intervista: Peter Hoogendoorn
scheda film], attualmente in gara al concorso Crystal Globe del Festival internazionale del cinema di Karlovy Vary, centra il bersaglio, poiché ritrae una complessa interazione tra un padre e un figlio in modo profondo e universale, a cui tutti possono riferirsi, indipendentemente da quanto le esperienze personali di Hoogendoorn abbiano ispirato la trama. In realtà, anche il suo esordio nel lungometraggio, Between 10 and 12 [+leggi anche:
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intervista: Peter Hoogendoorn
scheda film], si basava su eventi reali della sua vita senza essere strettamente autobiografico, e quindi tale approccio sembra crescere in uno stile autoriale, abbracciato volentieri e ulteriormente sviluppato dal regista.
La rilassata scena d'apertura, con un sottofondo di musica positiva, vede Dick (Guido Pollemans), un uomo di mezza età, seduto a una fermata dell'autobus su una sedia abbandonata – un reperto che aggiungerà alla sua collezione di sedili recuperati, che vende per pagare le bollette, dato che non ha un lavoro vero e proprio. L'argomento della sua necessità di trovare un lavoro viene quasi immediatamente affrontato dal padre sessantenne, Gerrie (Ton Kas), mentre scende dal primo autobus che passa, e questo modus operandi leggermente conflittuale definirà l'atmosfera dei tre giorni successivi che trascorreranno insieme. Attualmente residente in Portogallo con la seconda moglie, Gerrie è tornato a Rotterdam per motivi pratici – le visite mediche annuali – e intende utilizzare il resto del tempo nel suo paese d'origine in modo altrettanto pratico, visitando i parenti e la tomba della madre di Dick, che però sembra ormai scomparsa, dato che Dick non ha prolungato il contratto per il loculo. Nel frattempo, il figlio sembra aver bisogno di più tempo libero, di una comunicazione spontanea e, soprattutto, dell'approvazione del padre, che fatica a dimostrare di accettare Dick così com'è.
Affidandosi molto di più alle sottili sfumature della comunicazione dei personaggi che a una narrazione vera e propria, Three Days of Fish cattura intuitivamente l'imbarazzo che può crearsi tra persone molto vicine che fanno del loro meglio per trattarsi con rispetto, ma spesso non ci riescono. Questa vulnerabilità apertamente ammessa disarma lo spettatore e facilita la piena identificazione con i personaggi.
Un altro aspetto incantevole del film è la sua autenticità umana, quasi a livello documentaristico – un effetto che deve molto alle interpretazioni naturali degli attori, orchestrate con facilità dal regista Hoogendoorn. Le eleganti immagini in bianco e nero del direttore della fotografia Gregg Telussa, che ha girato anche Between 10 and 12, contribuiscono in modo preciso ed economico al sottile approccio psicologico con cui il film riesce a toccare l'ineffabile.
Three Days of Fish è prodotto dalle società danesi Circe Films e Kaap Holland Film, ed è coprodotto dalla belga A Private View e dall’olandese NTR.
(Tradotto dall'inglese)
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