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KARLOVY VARY 2024 Concorso

Recensione: Tiny Lights

di 

- Attraverso gli occhi della sua piccola protagonista, Beata Parkanová mostra una storia di traumi familiari perpetuati e ci permette di immaginare il futuro della bambina

Recensione: Tiny Lights
Mia Bankó in Tiny Lights

Beata Parkanová, regista ceca, torna in Concorso per il Globo di Cristallo di Karlovy Vary con il suo terzo lungometraggio, Tiny Lights [+leggi anche:
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nel 2022. Si tratta di un film decisamente piccolo, ma fatto benissimo, che permette al pubblico di conoscere  in soli 76 minuti l'intera storia psicologica ed emotiva di una famiglia e di immaginarne il futuro.

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La storia è raccontata dal punto di vista di Amálka (Mia Bankó), una bambina di sei anni. La vediamo per la prima volta con i suoi occhi chiari, i capelli rossi e le lentiggini, appoggiata alla porta nel tentativo di ascoltare ciò di cui stanno discutendo i genitori e i nonni. Sentiamo le loro voci in lontananza e riusciamo a malapena a capire che sua madre, Irena (l'astro nascente Elizaveta Maximová), è in lacrime mentre sua madre, Eva (una fantastica Veronika Žilková), la rimprovera.

La cinepresa di Tomáš Juríček segue la bambina per tutto il film, spesso con una carrellata all'indietro di fronte a lei, e per la maggior parte del tempo rimane alla sua altezza. Così, quando Amálka entra nel soggiorno, vediamo l’inquadratura dal basso di quattro adulti che si rendono conto di essere stati sorpresi a discutere animatamente dalla bambina che pensavano stesse dormendo.

Fingono che tutto vada bene e che sia ora di fare colazione. Ma in realtà nulla va bene: mentre il padre della bambina, Zdenek (Marek Geišberg), prepara da mangiare, Irena si arrabbia con lui per aver versato il latte in una tazza invece che in un bicchiere. L'animale domestico della ragazza, il Signor Gatto, salta sul tavolo della cucina e rovescia il latte sul vestito di Irena, facendola esplodere.

È meglio a questo punto che la bambina vada con la nonna e il nonno (Martin Finger) per una gita di un giorno al lago. Ma prima Amálka viene mandata a giocare nel loro grande giardino e poi viene invitata dai vicini per stare con il loro bambino. Grazie alle inquadrature e al montaggio di Alois Fišárek, siamo trasportati nel mondo immaginifico e fiabesco della bambina, in cui si intromette costantemente una realtà dolorosa e confusa.

Non viene rivelata l'epoca in cui il film è ambientato, ma non ci sono telefoni cellulari e Parkanová è nata nel 1985, quindi possiamo concludere che potrebbe aver attinto ai suoi ricordi. Tuttavia, l'aspetto psicologico del film è così accurato che non importa se sia autobiografico o meno. Percepiamo Eva come la fonte principale della sofferenza di Irena, ma anche di tutti gli altri. Non tiene mai per sé i suoi commenti meschini, moralisti e giudicanti, e solo raramente si preoccupa che la bambina possa sentirla. Ma incolpare la nonna di tutto significherebbe fare esattamente ciò che lei stessa sta facendo. Si tratta del perpetuarsi di un trauma familiare invisibile e, poiché il film è costellato di inserti psichedelici (realizzati come se fossero girati in 16 mm) che lasciano intendere che Irena sia depressa, possiamo facilmente immaginare il comportamento della madre di Eva, e poi di sua madre e così via, attraverso le generazioni.

La giovane Bankó si immedesima pienamente in Amálka e non abbiamo l'impressione di una "recitazione infantile" o di una semplice ripetizione di battute a memoria: lei comprende la macchina da presa. Il mondo in cui vive è creato meticolosamente attraverso la scenografia, il sound design e l'illuminazione, e poiché i volti degli attori adulti sono fuori campo per la maggior parte del tempo, mentre la macchina da presa assume il punto di vista della bambina, siamo completamente immersi in questo mondo, insieme a lei.

Tiny Lights è una coproduzione tra le cece Love.FRAME e Bontonfilm Studios e la slovacca Azyl Production. La società londinese Reason8 Films si occupa delle vendite internazionali.

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(Tradotto dall'inglese)

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