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TAORMINA 2024

Recensione: L’invenzione di noi due

di 

- Il secondo lungometraggio di Corrado Ceron, romantico e dolente, racconta la fine di un amore attraverso un flusso continuo di pensieri, ricordi e flashback

Recensione: L’invenzione di noi due
Silvia D'Amico e Lino Guanciale in L'invenzione di noi due

Spesso ci prendiamo cura delle cose solo quando ci rendiamo conto che sono finite. È quello che fa Milo, cominciando a scrivere a sua moglie Nadia quando è ormai evidente che lei non lo ama più. Milo e Nadia sono i protagonisti del secondo lungometraggio di Corrado Ceron, L’invenzione di noi due, presentato in anteprima al 70mo Taormina Film Festival e in uscita nelle sale italiane il 18 luglio, distribuito da Be Water Film in collaborazione con Medusa. Un film romantico e dolente che il regista vicentino (il suo primo lungometraggio, Acqua e anice [+leggi anche:
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, fu presentato alle Giornate degli Autori di Venezia nel 2022) ha tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore-fumettista veronese Matteo Bussola.

Ed è proprio a Verona che si svolge questa storia, che racconta la fine di un amore intrecciando presente e passato, in un flusso continuo di pensieri, ricordi e flashback. La voce narrante è quella di Milo (Lino Guanciale), che è sposato con Nadia (Silvia D’Amico, che Ceron ha già diretto in Acqua e anice) da quindici anni. Lui la ama ancora, lei non più, o così pare. I due si sono conosciuti sui banchi di scuola, letteralmente, lasciandosi messaggi scritti a matita su uno di questi che condividevano in orari diversi della giornata. Ma solo qualche anno più tardi, per caso, si incontreranno di persona e si riconosceranno. La loro storia d’amore viene ripercorsa insieme ai momenti più significativi che hanno segnato la loro relazione: i grandi progetti, il desiderio di un figlio, la scoperta delle proprie fragilità, le prime delusioni, le ambizioni (quelle di lui come architetto e quelle di lei come scrittrice) che si ridimensionano. In breve, il lento e inesorabile passaggio “dall’amarsi con urgenza all’amarsi con pazienza”.

Per reinventarsi e ritrovare quell’intesa spirituale che li aveva fatti innamorare, Milo si finge un altro e comincia a scrivere a Nadia delle mail che danno vita a una fitta corrispondenza, come ai tempi del liceo, in cui i due si confessano i pensieri più intimi e ciò che nella vita di tutti i giorni non riescono più a dire. Ma Milo deve anche fare i conti con la gelosia che lo assale nel vedere sua moglie ritrovare interesse e desiderio nei confronti di un altro uomo, che in realtà è lui stesso… E il gioco si fa sempre più insidioso.

Entrambi formatisi all’Accademia nazionale d’arte drammatica, e quindi con un solido background teatrale, Guanciale e D’Amico sono abili nel trasmettere le varie sfumature di un amore che con il passare del tempo si tramuta in cenere. La regia di Ceron guida lo spettatore tra gli alti e i bassi di questa coppia, talvolta attaccandosi letteralmente al corpo dei suoi attori (tramite l’uso della snorricam), altre volte immergendolo quasi in presa diretta nei dialoghi dei suoi protagonisti, filmati in lunghi piani-sequenza che si posano alternativamente sull’uno e sull’altra. E poi ci sono i ricordi, che riemergono e seguono il flusso dei pensieri, attimi di vita vissuta che spiegano più di tante parole e che rendono più netto il contrasto tra la spensieratezza di un tempo e il peso delle disillusioni del presente.

Il film, come il libro, è dedicato “a chi si ama e non ricorda il perché” e, in tal senso, è facile empatizzare con ciò che racconta. Nel cast, anche Francesco Montanari (miglior interprete maschile al Cannes International Series Festival 2018 per il suo ruolo ne Il cacciatore) e Paolo Rossi (visto di recente in Gloria! [+leggi anche:
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).

L’invenzione di noi due è prodotto da K+ con il contributo della Regione Veneto.

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