LOCARNO 2024 Cineasti del Presente
Recensione: Holy Electricity
- Il debutto nel lungometraggio di Tato Kotetishvili è un road movie urbano che segue due uomini solitari, i quali fanno brillare delle luci al neon nella periferia di Tbilisi in cerca di compagnia
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La trama segue una serie di eccentrici che si incontrano senza che sia chiaro né da dove provengano né dove siano diretti. L'unica certezza è che l'interazione sociale sembra alleviare la solitudine dei personaggi, anche se l'effetto a lungo termine di questa connessione sulle loro anime erranti rimane piuttosto incerto.
La scena di apertura, un funerale, chiarisce subito i legami familiari tra i protagonisti: il giovane Conga (Nika Gongadze) ha appena perso il padre, mentre il cugino Bart (trans e attivista Nikolo Ghviniashvili) promette di trattarlo come un figlio. Nella sequenza successiva, i due scavano insieme in una discarica di metallo alla ricerca di qualcosa da vendere al mercato delle pulci. Il momento culminante arriva quando trovano una valigia piena di croci arrugginite, che decorano con tubi al neon colorati e distribuiscono porta a porta. È qui che inizia il loro vero viaggio da flâneur urbani.
Nel contesto di Tbilisi, famosa per la sua architettura colorata, il regista li fa passeggiare per quartieri malandati e case trascurate, dove incontrano personaggi eccentrici: un "acrobata" autodidatta che ama assumere pose impossibili, vecchie chiacchierone con gatti, un batterista dai capelli bianchi, una drag queen vivace e un venditore di caffè rom con cui Conga inizia a flirtare con domande incessanti.
Spesso si svegliano in macchina o in luoghi casuali dopo notti turbolente, oppure sognano sui tetti i soldi che potrebbero guadagnare con la loro attività. Tuttavia, i loro successi nelle vendite non li portano molto lontano: Bart non riesce nemmeno a saldare i suoi vecchi debiti e viene appeso a testa in giù come avvertimento. L’indifferenza dei suoi aguzzini e il contesto generale fanno sì che tutti nella zona si ritrovino nella stessa difficile situazione.
Nelle note di regia, Kotetishvili afferma che il suo obiettivo era osservare la sua città natale, Tbilisi, e accettare i suoi abitanti "così come sono: pazzi, adorabili, eccentrici". Sebbene questo obiettivo sia stato raggiunto, la varietà dei personaggi secondari, tutti interpretati da non professionisti, non riesce a salvare il film dalla monotonia. Inoltre, l'approccio del regista nei confronti dell'ambiente risulta straniante: il cittadino di Tbilisi dietro la macchina da presa sembra distaccato dai suoi concittadini davanti all'obiettivo. Si limita a mettere in risalto solo le caratteristiche più distintive, trascurando il contesto e l’autenticità.
Questo sguardo esotizzante, che comporta una perdita di autenticità, può essere attribuito al coinvolgimento di numerosi professionisti (tre sceneggiatori, sette produttori e coproduttori) e alla difficoltà di selezionare quali aspetti locali possano attrarre un pubblico internazionale. Il risultato è una rappresentazione curiosa ma un po' senz’anima e caleidoscopica di personaggi anticonformisti: visivamente interessante, ma che non colpisce profondamente a causa della mancanza di interesse dell’autore per le loro personalità al di là della mera spettacolarizzazione. Questo difetto risalta ulteriormente se confrontato con altri film georgiani più sentiti e autentici.
Holy Electricity è stato prodotto dalle compagnie georgiane Zango Studio e Nushi Film, in coproduzione con olandesi GoGo Film, The Film Kitchen, e Arrebato Films.
(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)
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