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LOCARNO 2024 Concorso

Recensione: Bogancloch

di 

- Per il suo maestoso lungometraggio, Ben Rivers ci propone di osservare il quotidiano di un personaggio fuori dal tempo, un mistico contemporaneo che vive secondo il ritmo della natura

Recensione: Bogancloch

L’artista e regista britannico Ben Rivers ritorna al Festival di Locarno (dove ha presentato i suoi due ultimi film) nel Concorso internazionale con il suo ultimo lavoro Bogancloch [+leggi anche:
intervista: Ben Rivers
scheda film
]
. Già protagonista di uno dei suoi primi cortometraggi e del suo lungometraggio di debutto, Jake Williams, che illumina con la sua presenza ogni fotogramma, si lascia filmare come un animale che non teme l’essere umano, perché cosciente del rispetto e dell’empatìa che quest’ultimo prova nei suoi confronti. Bogancloch è un ritratto intimo e toccante, ma anche sprovvisto di qualsiasi sentimentalismo, di un uomo che lotta per difendere la propria libertà.

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Bogancloch è il nome della foresta che attornia la casa di Jake Williams, un rifugio sperduto nel cuore delle Highlands scozzesi. Il film ritrae la vita di quest’eremita, o forse sarebbe meglio parlare di mistico moderno, che vive al ritmo della natura. Le stagioni si susseguono con una leggerezza a tratti stupefacente, la neve ricopre il tetto della sua abitazione come una coperta che tenta di scaldarlo dal freddo, ma Williams non cambia attitudine nei confronti della vita. Quello che vuole è infatti al tempo stesso estremamente semplice e complesso: vivere in simbiosi con una natura che non tenta però mai di addomesticare. Stupefacente da questo punto di vista la scena nella quale Williams prepara la vasca all’esterno della sua abitazione per godersi un bagno invernale decisamente inaspettato. Poco importa il freddo pungente o lo sforzo che quest’attività implica (accendere il fuoco per far scaldare l’acqua, liberare la vasca dalla neve…), l’eroe di Bogancloch entra in simbiosi con la natura, si adatta a ritmi di vita che noi non riusciremmo nemmeno a concepire. Attraverso il suo sguardo al contempo poetico e iperrealista, Rivers obbliga il pubblico a entrare in empatia con il suo protagonista, a condividerne i piccoli gesti, a indovinare cosa si cela sotto le sue palpebre semi chiuse mentre è assopito all’ombra di un albero che lo accoglie come un bambino in una culla. È proprio quest’intimità condivisa, l’empatia che scaturisce da ogni fotogramma a trasformare Bogancloch in un’epopea umana di un’intensità struggente. Emblematica la “svestizione” finale di Williams, sorta di San Francesco moderno che si libera infine da ogni velleità terrena.

I rumori, che si tratti del miagolio di un gatto, del canto degli uccelli, del fuoco che crepita o del vento che soffia tra le foglie, sono amplificati e dilatati diventando personaggi a sé stanti. Toccante da questo punto di vista la scena finale nella quale, grazie ad un inaspettato zoom che si trasforma in vertiginosa inquadratura dall’alto, Rivers si allontana sempre più dal suo protagonista senza però diminuire l’intensità dei suoni che l’accompagnano. Il protagonista diventa un micro-puntino nella galassia ma i suoni della natura che ne ritmano l’esistenza non lo abbandonano mai.

Bogancloch è un ritratto intimo e personale di un uomo che ha deciso di separarsi dalla società per vivere un’esistenza alternativa e volutamente marginale ed è proprio questa vita che Rivers filma con un rispetto che si trasforma in reverenza. Grazie ad una narrazione obliqua collocata tra il documentario e la finzione, il regista ricostruisce l’esistenza di Williams da un punto di vista altro, al contempo interno ed esterno. La magia di gesti quotidiani che il protagonista ha ripetuto un migliaio di volte si trasformano, grazie al mezzo cinematografico, in un rituale misterioso che abbiamo l’onore di osservare da vicino, come se ne facessimo parte. Questa ricerca di autenticità, ma anche di ritualità, ricorda la potenza mistica dei film di Maya Deren o ancora il mistero catartico dei personaggi ritratti da Julia Margaret Cameron. Bogancloch è un film indimenticabile che ci fa sentire forse un po’ più umani.

Bogancloch è prodotto dalle britanniche Urth Productions e Hopscotch Films, coprodotto da Flaneur Films (Germania) e Akkeri Films (Islanda) e venduto all’internazionale dalla cinese Rediance.

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