Recensione: Maria
di Marta Bałaga
- VENEZIA 2024: Pablo Larraín conclude la sua trilogia di “donne sole in appartamenti vuoti”, ma quest'aria in particolare sembra troppo lunga
Speriamo che la prossima volta Pablo Larraín realizzi un western di ampio respiro, circondato solo da spazi aperti. Ha davvero bisogno di uscire, di fuggire dagli appartamenti di queste donne iconiche, dalle loro cassettiere piene di ricordi di giorni di gloria e di droghe che portano un sollievo temporaneo. "Chiudi quella porta, tesoro", dice la sorella di Maria Callas nel film, ma il regista non dovrebbe ascoltare. Dovrebbe aprirla a calci e scappare, ancora più lontano che in quella stranezza del 2023 che è El Conde.
Questo non vuol dire che Maria [+leggi anche:
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scheda film] sia un disastro, ma il concetto di "signore sole in appartamenti vuoti" sta diventando stancante. Presentato in anteprima al concorso principale di Venezia, sembra troppo simile ad entrambe le bellezze brune - soprattutto Jackie [+leggi anche:
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scheda film] - che si esibiscono in una danza molto simile, indotta dalla droga. Questi paralleli sono interessanti, dato che avevano un Onassis in comune, ma in questi drammi non si tratta mai di solidarietà femminile. Queste donne famose che Larraín continua a seguire, a un certo punto probabilmente le più famose del mondo intero, se ne stanno per conto loro. Digeriscono gli errori del passato e soffrono in modo melodrammatico ma privato, circondate da servitori fedeli e da un arredamento di una volta.
La claustrofobia delle storie di Larraín era intrigante all'inizio, ma ha anche portato ad alcune interpretazioni strane e impegnate. La vacillante Jackie di Natalie Portman e la fanciullesca Diana di Kristen Stewart in Spencer [+leggi anche:
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scheda film] sono sempre state un po' troppo strane per la gloria degli Oscar e, pur essendo state nominate, non hanno vinto. Di tutte e tre, Angelina Jolie è quella che meno si immedesima nella Callas. Mentre - prendendo in prestito le parole di un pianista del film - si può dire Maria o "La Callas", invece di Jolie l'attrice sentirai Jolie la star.
Come star, la Jolie è innegabile. Come attrice, è da un po' di tempo che non fa più nulla di lontanamente interessante, accumulando invece tutti quei Maleficent. "La Garbo ride!", recitava una vecchia pubblicità della MGM, preannunciando un nuovo capitolo della sua carriera. Questa volta, non pensiate che "Jolie canta".
La sua rigida interpretazione non raggiunge le ottave più alte, ma dà anche il tono a una storia che si muove su troppe caselle riconoscibili. Ci sono servitori bonari, dottori ignorati, l'intera storia della solitudine in cima al mondo. Almeno Maria offre una cosa che Jackie e Spencer non sono riusciti a fare. Non si tratta più solo di perdere la giovinezza, la bellezza o la posizione sociale, si tratta anche di perdere il talento.
Questa Callas, che vive i suoi ultimi giorni negli anni Settanta, è come Moira Shearer in Scarpette rosse: non riesce a smettere di fare ciò che ama, anche se il suo corpo (e la sua mente) la tradiscono già da un po'. O, per essere più precisi, non può smettere ora, perché l'ha già fatto in passato. Piacevolmente fatta, continua a camminare per la città, parlando con una troupe cinematografica immaginaria. A un certo punto, afferma che il suo amante sapeva che non avrebbe mai potuto controllarla, ma lo ha fatto. Così come sua madre, che ha letteralmente venduto lei e sua sorella. Questa donna, così potente sul palcoscenico, si è lasciata ripetutamente ingabbiare. Ora, la Callas della Jolie ha finalmente la possibilità di essere libera, a 53 anni. Ma, proprio come in Scarpette rosse, non riesce a smettere di ballare.
Maria è una coproduzione italo-tedesca e statunitense di The Apartment (una società Fremantle), Komplizen Film e Fabula. FilmNation Entertainment cura le vendite internazionali.
(Tradotto dall'inglese)
Photogallery 29/08/2024: Venice 2024 - Maria
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