Recensione: Why War
- VENEZIA 2024: Nel suo film-saggio filosofico, il regista israeliano Amos Gitai cerca di esplorare la radice della brama di guerra e distruzione dell'umanità

È scesa la notte. La telecamera scorre lentamente lungo una strada trafficata di Tel Aviv, catturando il viavai di persone sul marciapiede. “Riportateli a casa”, recita un messaggio su un muretto di pietra. Poi, mentre ci spostiamo in una piazza, un tavolo spettrale e cerimoniale è allestito in attesa di qualcuno a cui è chiaramente impedito di venire. Sono i santuari degli ostaggi del 7 ottobre. Ma mentre la telecamera vaga, il suo obiettivo si sofferma improvvisamente su una lezione di yoga all'aperto. Vita e morte, routine quotidiana e minaccia, vanno di pari passo.
Il conflitto israelo-palestinese potrebbe essere uno degli esempi più evidenti della storia contemporanea, ma “gli uomini in guerra” sono stati una costante nel corso dei millenni. È un tema che il regista israeliano Amos Gitai ha analizzato concentrandosi sulla sua regione in film come Kippur, Kadosh, House e Rabin, the Last Day [+leggi anche:
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scheda film]. Questa volta il suo sguardo si allarga. Perché la guerra? Perché le persone sentono il bisogno di uccidersi a vicenda? È quanto si chiede nel suo film-saggio Why War [+leggi anche:
intervista: Amos Gitai
scheda film], presentato in anteprima fuori concorso all'81ma Mostra del cinema di Venezia.
Why War è anche il titolo di una raccolta pubblicata di lettere di Sigmund Freud e Albert Einstein (in it. Perché la guerra?). Scambiandosi la corrispondenza tra il 1931 e il 1932, prima della tragedia della Seconda guerra mondiale ma durante l'ascesa del fascismo in Europa, i due riflettono sulla questione tenendo conto di considerazioni morali ed etiche, facendo ipotesi ardite e usando una precisione antropologica. È una pubblicazione attorno alla quale Gitai incornicia le sue riflessioni, arricchendone la complessità con stralci delle voci femminili di Virginia Woolf e Susan Sontag.
“Esiste un modo per liberare l'umanità dalla minaccia della guerra?” è l'auspicabile punto di partenza della discussione. Sono le parole di Einstein. “Dobbiamo opporci alla guerra perché ogni uomo ha diritto alla propria vita” è la risposta di Freud. Per valorizzare la parola scritta, Gitai ha scelto gli attori Micha Lescot e Mathieu Amalric, rispettivamente nei panni di Einstein e Freud. La sua abituale Irène Jacob appare come una donna che attraversa il tempo e lo spazio stando seduta in una stanza d'albergo, guardando il telegiornale in tv o recitando Woolf e Sontag sul palco. Jérôme Kircher è un soldato senza nome, in bilico tra l'essere una vittima di un guerrafondaio e un aggressore desideroso di agire.
Il palcoscenico è un elemento visivo ricorrente, un riflettore sotto cui la finzione viene accuratamente sezionata. Lescot recita il suo monologo mentre un truccatore gli incolla i baffi. Freud riflette, tenendo anacronisticamente in mano una copia di Perché la guerra?. Jacob esalta il simbolismo del suo vestito rosso spalmandosi la tintura per capelli rossa sulle dita e sulla fronte. Il coro da camera viennese canta mentre sullo sfondo scorrono immagini di guerra.
“Come ci si sente a guardare la guerra in tv?” chiede Jacob. I telegiornali la fanno sembrare uno spettacolo. Gitai, tuttavia, si astiene dall'inserire sullo schermo una riproduzione brutale del rullo di notizie. Al contrario, mette in scena una ricostruzione ultra stilizzata dell'assedio di Gerusalemme. Un soldato vaga per i boschi. La natura artificiale del film è ovvia, ma ciò che non è un'illusione è la cupa realtà della guerra.
Why War è prodotto dalla francese Agav Films, l’israeliana Agav Hafakot, la svizzera Elefant Films e l’italiana Indiana Production Spa.
(Tradotto dall'inglese)
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