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VENEZIA 2024 Settimana Internazionale della Critica

Recensione: Perfumed with Mint

di 

- VENEZIA 2024: Nel suo esordio nel lungometraggio, il regista egiziano Muhammed Hamdy si sofferma sulle nozioni di rabbia e dolore e sui modi di accettarle

Recensione: Perfumed with Mint
Abdo Zin El Din in Perfumed with Mint

I ricordi sono una cosa complicata. Alcune persone non li desiderano, altre vi si aggrappano, devastate dalle perdite. "Mio figlio si rifiuta di morire", dice un'anziana donna a Bahaa (Alla En Din Hamada), spiegando che continua a vedere il suo fantasma. "Sono stanca". Come medico, lui ovviamente suggerisce una serie di esami. In quanto persona invece, condivide un problema simile. La sua ragazza, Dalel, lo ha lasciato e tutto ciò che rimane è l'unica lettera d'amore che lei gli abbia mai scritto, una lettera che si rifiuta di asciugare da quando si è bagnata. È evidente che lui non è pronto a lasciarla andare.

La nozione di dolore è al centro di Perfumed with Mint [+leggi anche:
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di Muhammed Hamdy, presentato in anteprima alla Settimana Internazionale della Critica dell'81ma Mostra del Cinema di Venezia. La menta del titolo germoglia su coloro che provano dolore, attirando così i fantasmi del passato. L'amico di Bahaa, Mahdy (Mahdy Abo Bahat), combatte invece la sua ansia per un fischio finale che si aspetta di sentire da un momento all'altro.

Si tratta di un'odissea attraverso una città vuota, Il Cairo, mentre i personaggi sono inseguiti da ombre e ricordi che incombono. Hamdy impiega un ricco linguaggio stilistico, dai cespugli di menta scarsamente illuminati e fruscianti alle ombre nere e angoscianti negli angoli delle inquadrature. A volte, queste sembrano persino ridurre la portata cinematografica, con un'inquietudine che si avverte costantemente.

Ma non è solo l'illuminazione ridotta; il film lavora anche con una scenografia minimalista, che ricorda più un palcoscenico teatrale, dove ogni passo è udibile, ogni parola pronunciata riecheggia e ogni persona che passa attraverso l'inquadratura ha un ruolo da svolgere. Attraversando questo labirinto di vicoli bui e fatiscenti, si fermano infine a casa del loro amico Hussein (Hatem Emam Moustafa) per sedersi a fumare. "La menta smette di germogliare solo quando fumo hashish", spiega Mahdy.

È qui che il film arriva alla fine. Gli uomini sono in una sorta di paralisi emotiva. Sono condannati a vivere in queste ombre, dopo essere stati espulsi dai loro ricordi, o averli riacquistati. Quando Hussein si unisce a loro, dice di essere infelice perché sua madre prega troppo. Abdo (Abdo Zin El Din) è coperto di brufoli, una reazione del suo corpo al ricordo delle ferite da proiettile. Ali (che non viene mai mostrato), invece, è in attesa di cure mediche da sette anni.

In questa perenne danza circolare, in cui sono seduti in casa o camminano per le strade della città, fumando e lamentandosi della loro angoscia, uno di loro commenta: "Questo non è vivere". Ha ragione. E per quanto riguarda il film, la trama non ci guida molto in questo. Non che dobbiamo esserlo per forza, ma come spettatori bisogna avere un po' di pazienza. Non è un film per chi non ha capacità di resistenza.

Quello che Hamdy coglie molto bene, però, oscillando tra questioni di cuore e violenza politica, è che il dolore è un'esperienza universale. È un sentimento che non ci differenzia, ma ci unisce. Trovare un modo per convivere con questo dolore, senza soccombere alla rabbia e rinunciare, è la vera sfida.

Perfumed with Mint è una coproduzione Egitto-Francia-Tunisia-Qatar di Anubis Film Productions (Egitto), Supernova Films (Francia) e Blast Film (Tunisia), con il supporto del Doha Film Institute. Reason8 Films è responsabile delle vendite internazionali.

(Tradotto dall'inglese)


Photogallery 05/09/2024: Venice 2024 - Perfumed with Mint

8 immagini disponibili. Scorri verso sinistra o destra per vederle tutte.

Muhammed Hamdy
© 2024 Isabeau de Gennaro for Cineuropa @iisadege

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