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TORONTO 2024 Galas

Recensione: Les Barbares

di 

- L'arrivo di una famiglia di rifugiati siriani in una cittadina bretone è il motore di questa commedia intelligente, impegnata, caustica e affettuosa di Julie Delpy

Recensione: Les Barbares

“I nostri siriani sono troppo gentili? Volevano arabi cattivi che causano problemi in un villaggio pieno di francesi dal cuore gentile, giusto?”. L'agitazione regna nel tranquillo paesino bretone di Paimpont (1.672 abitanti) sotto lo sguardo delle anatre del laghetto dell'abbazia in Les Barbares [+leggi anche:
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, il nuovo film della sempre ribelle Julie Delpy (candidata all'Oscar per la miglior sceneggiatura nel 2005 e nel 2015 per Prima del tramonto e Before Midnight [+leggi anche:
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), proiettato in anteprima internazionale nella sezione Galas del 49mo Festival di Toronto e che uscirà nelle sale francesi il 18 settembre distribuito da Le Pacte.

“Non è quello per cui abbiamo votato - Gli ucraini sono molto richiesti sul mercato dei rifugiati”. L'idraulico Hervé (Laurent Lafitte), definito fascista da alcuni, non è affatto soddisfatto delle spiegazioni fornite dal sindaco (Jean-Charles Clichet) in merito alla notizia del cambio di nazionalità a sorpresa dei rifugiati che il comune ha deciso di accogliere. D'altra parte, per l'appassionata insegnante Joëlle (la stessa regista) e la sua amica d'infanzia Anne (Sandrine Kiberlain), moglie del proprietario un po' alcolizzato del minimarket locale (Mathieu Demy), si tratta di una vera e propria missione umanitaria per integrare al meglio la famiglia siriana Fayad, composta dall'architetto Marwan (Ziad Bakri), dalla moglie graphic designer Luna (Dalia Naous), dalla sorella medico e ormai senza una gamba Alma (Rita Hayek), dal padre Hassan (Fares Helou) e dai due figli Dina e Waël.

Anche la tv regionale è presente in loco per immortalare in un documentario questo evento che animerà profondamente la popolazione, dai più giovani ai più anziani, dall'infermiera Géraldine (India Hair) al guardiacaccia Johnny (Marc Fraize), passando per la proprietaria della creperia (Brigitte Rouän), il contadino bio (Albert Delpy), la coppia di macellai e tutti gli abitanti. Tutti hanno una parola da dire sui nuovi arrivati e le dicerie si moltiplicano (“terroristi?”, “poligami?”, “ti tagliano le mani se guardi le loro figlie”, “il velo?”, “assomigliano un po' ai rom”, ecc: “Fuori i barbari”.

“Cosa significa razzismo?”. Julie Delpy risponde a questa domanda di stretta attualità con molto umorismo, esponendo tutte le sfaccettature di una questione molto seria (per non dire grave) sotto l’aspetto di un vaudeville di paese. Costruito in cinque atti (“Benvenuti a Paimpont”, “1 euro e la dittatura”, “Casa nostra”, “Rotto” e “Alma e Alma”), il film naviga abilmente tra i suoi numerosi personaggi (tutti molto ben interpretati) e controlla perfettamente la sua dimensione satirica al limite del realismo, il che gli permette di dire molto sulle tragedie della stupidità umana senza troppa acidità. Spesso divertente, Les Barbares rimane comunque, nonostante il suo ottimismo propositivo e politicamente impegnato, un preoccupante messaggero della piccolezza mentale di alcune persone che confondono questioni di principio con frustrazioni personali. Ma come il personaggio interpretato dalla regista, possiamo solo sperare, e tanto meglio se di umore relativamente buono, che la convivenza possa avere successo e “che il mondo possa essere migliore”.

Les Barbares è prodotto da The Film e coprodotto da Le Pacte. Charades cura le vendite internazionali.

(Tradotto dal francese)

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