Recensione: Crocodile Tears
- L'opera prima del regista indonesiano Tumpal Tampubolon è un'interpretazione inventiva e singolare dell'amore di una madre soffocante, che si rivela essere una forma non diagnosticata di follia

Una battuta cinica che circola tra le donne suggerisce che se una donna volesse l'uomo perfetto della sua vita, dovrebbe crescerlo lei stessa. Questo è esattamente ciò che ha tentato di fare il personaggio della madre in Crocodile Tears di Tumpal Tampubolon, apparentemente nella speranza di tenere per sé la sua "creatura" per sempre. Come accenna Tampubolon nelle sue note di regia, le "lacrime di coccodrillo" si riferiscono al sottile equilibrio tra la presa protettiva e allo stesso tempo dannosa delle fauci di una femmina di coccodrillo mentre trasporta i suoi piccoli, un'attività che spesso comporta proprio il versamento di lacrime. La metafora riflette direttamente l'amore materno, che protegge e morde allo stesso tempo. Ma il destino ha sempre l'ultima parola nel ristabilire la giustizia, ed è la deviazione dai piani della madre che alimenta la trama del film. Visivamente d'impatto e psicologicamente crudele - o forse il contrario - Crocodile Tears si muove sul filo del terrore e dell'orrore, setacciando con cura gli strati del subconscio. Il film è stato presentato nella sezione Centrepiece del Toronto International Film Festival, che celebra i successi cinematografici mondiali.
La scena d'apertura mostra il ventenne Johan (Yusuf Mahardika) che si masturba di nascosto e frettolosamente, rischiando di essere scoperto da sua madre (Marissa Anita). I due conducono un'esistenza solitaria in un allevamento di coccodrilli a Giava, nutrendo i rettili in uno spettacolare rituale quotidiano con polli appena uccisi e non spennati e organizzando sporadici spettacoli per i turisti di giorno, mentre di notte dormono in uno stretto abbraccio coniugale. La loro strana fonte di sostentamento fa guadagnare loro la fama di tipi stravaganti della zona e circola la voce che la mamma abbia ucciso il marito e abbia dato in pasto ai coccodrilli i suoi resti. L'unica persona che non crede a questi orribili pettegolezzi è Arumi (Zulfa Maharani), una nuova arrivata solitaria che lavora in un losco bar di karaoke. La donna prende sotto la sua ala il timido Johan, introducendolo al mondo esterno e iniziandolo a erotici segreti. La mamma però fiuta la loro relazione e cade in una spirale di gelosia che scatena una follia pura quando si scopre che Arumi è incinta. La futura sposa si trasferisce nella fattoria e si forma così un pericoloso triangolo in cui una delle due donne deve essere eliminata.
I rapporti incestuosi (letteralmente e metaforicamente) che possono facilmente nascere tra madre e figlio hanno affascinato i narratori di tutta la storia, dalla mitologia greca a film come Madre e figlio di Aleksandr Sokurov (1997) e Mommy [+leggi anche:
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scheda film] di Xavier Dolan (2014), per citarne alcuni. Eppure Tumpal Tampubolon riesce a trovare un approccio originale attraverso il quale dipanare un'altra favola sul legame doloroso e affettuoso tra una madre solitaria, che ha fatto del figlio il centro del suo mondo e non gli permette di avere una vita adulta, e la sua progenie. L'impressionante ossessione della mamma è espressiva in una maniera feroce, come in una tragedia greca, e la sua natura mostruosa è completata dall'ambiente circostante, adatto a far emergere qualsiasi demone. L'insolita scelta dell'ambientazione, situata tra il realismo magico e la realtà effettiva dell'Indonesia, dove gli attacchi di coccodrilli alle persone, ad esempio, non sono rari nei notiziari locali, contribuisce a creare elementi unici che danno alla storia un tocco fiabesco, pur mantenendo un forte senso di autenticità.
Crocodile Tears è stato prodotto dalle indonesiane Talamedia ed E-Motion Entertainment, in coproduzione con le francesi Acrobates Films e Poetik Film, la Giraffe Pictures di Singapore e la tedesca 2Pilots Filmproduction. Cercamon si occupa delle vendite internazionali.
(Tradotto dall'inglese)
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