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TORONTO 2024 Centrepiece

Recensione: Seven Days

di 

- Il film diretto da Ali Samadi Ahadi e scritto da Mohammad Rasoulof racconta i sacrifici reali delle donne iraniane leader dei diritti umani, sia come madri che come attiviste

Recensione: Seven Days
Vishka Asayesh in Seven Days

Una donna divisa tra due scelte di vita non è un soggetto nuovo per un film. Soltanto di recentemente, però, nel mondo contemporaneo è stato detto alle donne che in effetti possono decidere entrambe le cose. La maternità e la carriera, la famiglia e un'azienda di successo: la società oggi spesso dice giustamente alle donne che possono fare tutto. Seven Days, presentato in anteprima mondiale nella sezione Centrepiece di Toronto, racconta una donna, sullo sfondo politico dell'Iran, che si trova in una posizione sociopolitica molto precaria, tale da dover scegliere ancora una volta. Mohammad Rasoulof (scrittore e regista di The Seed of the Sacred Fig [+leggi anche:
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, candidato tedesco agli Oscar) firma una sceneggiatura  ben scritta e ricca di sfumature che viene drammatizzata con successo, anche se in modo molto convenzionale, dal regista tedesco-iraniano Ali Samadi Ahadi. A metà tra thriller e dramma familiare, la prima parte racconta la fuga della nostra protagonista verso il confine iraniano, mentre la seconda esplora il rapporto dell'attivista con la sua famiglia e la battaglia personale che sta combattendo al suo interno.

Maryam (Vishka Asayesh), attivista per i diritti umani e delle donne che vive a Teheran, ottiene un permesso medico di sette giorni dalla prigione, durante i quali progetta la sua fuga in montagna con dei contrabbandieri, fino al confine tra Iran e Turchia. Lì incontrerà il marito Bahram (Majid Bakhtiari) e i figli adolescenti Dena (Tanaz Malaei) e Alborz (Sam Vafa), che hanno vissuto ad Amburgo negli ultimi sei anni. Nel corso di questa fatidica settimana, la donna si trova a dover decidere se fuggire per stare con la sua famiglia in Germania o rimanere in Iran per continuare a lottare per il suo Paese sul campo.

In fondo, Seven Days parla di femminilità, della scelta tra l'amore di una madre per i suoi figli e la lotta di un'attivista per le libertà politiche, nessuna delle quali viene affrontata con leggerezza dalla nostra protagonista. Ma il film non perde di vista il sistema politico iraniano, affrontando i sacrifici reali che le donne attiviste per i diritti umani devono affrontare (alla fine del film, Ahadi cita la premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, che scrive dalla famigerata prigione di Evin). La sceneggiatura di Rasoulof è decisamente femminista nella sua costruzione, anche se una simile premessa può essere trovata in ogni film che parla di una donna che sceglie tra la famiglia e la carriera o che prende una decisione che dà priorità ai suoi desideri.

Seven Days affronta l'idea che una donna abbia il diritto di scegliere ciò che ritiene giusto per se stessa, nonché gli innati pregiudizi di genere che derivano dal prendere una decisione non conforme alla società. Sebbene i suoi amici la esortino a partire il prima possibile, lei decide di non lasciare il suo amato Paese: "Non sono triste - sono il dolore del mondo e una terra piange nel mio petto", recita Maryam. Se da un lato l'idea che l'Iran sia il primo amore di Maryam ha sfumature nazionaliste, dall'altro i personaggi criticano il concetto stesso di stato-nazione ("Un pezzo di terra, circondato da una linea fittizia chiamata confine").

Con la fotografia di Mathias Neumann le immagini troppo pulite di Ahadi e le brevi sequenze di conflitto mettono in ombra la gravità della situazione della nostra protagonista. Nonostante i rischi per Maryam che si nascondono dietro ogni angolo, il film è poco rischioso dal punto di vista cinematografico ed è particolarmente ostacolato dal ritmo, che dà a molte sequenze lo stesso peso nonostante l'importanza emotiva di alcune sia maggiore di altre. Nonostante il pericolo in cui si trova chiaramente la ragazza, la tensione sembra cadere, anche se è in parte sostenuta dalla potente interpretazione della protagonista Asayesh.

Seven Days è prodotto dalla tedesca  Brave New Work GmbH, mentre Goodfellas si occupa delle vendite internazionali.

(Tradotto dall'inglese)

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