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SAN SEBASTIAN 2024 Zabaltegi-Tabakalera

Recensione: Ulysses

di 

- L'esordiente Hikaru Uwagawa propone un racconto apparentemente sconnesso in cui tre storie si susseguono per invitarci a esplorare concetti come casa, amicizia e famiglia

Recensione: Ulysses

Si potrebbe pensare che il film di un esordiente che aspira ad adattare liberamente l'Odissea di Omero, attingendo alle idee formali dell'Ulisse di James Joyce, pecchi di ambizione e pretenziosità. Eppure nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Ulysses di Hikaru Uwagawa, presente nella sezione Zabaltegi-Tabakalera del 72mo Festival di San Sebastian, è un film umile e trasparente, la cui unica aspirazione sembra essere quella di osservare con tranquillità e ammirazione i minuscoli dettagli dell'esistenza dei personaggi che ritrae.

Il film è diviso in tre parti. Nella prima incontriamo una madre e il suo giovane figlio. Entrambi sono russi e vivono a Madrid, la loro vita scorre come quella di qualsiasi altra famiglia e nei minuti in cui la macchina da presa di Uwagawa si ferma a ritrarli non c'è nulla di eccezionale, nessun evento particolarmente drammatico che richieda la nostra attenzione. Il film ci lascia la libertà di osservare i dettagli della loro vita quotidiana, e attraverso di essi ci permette di entrare in contatto con questi personaggi senza dover prendere posizione. Questo è il tono dell'intero film, che nei due episodi successivi sceglie nuovamente un’osservazione non giudicante. Lo fa dapprima concentrandosi su un giovane giapponese che gira per San Sebastian in compagnia di un gruppo di amici. Ancora una volta, il quotidiano, l'apparentemente insignificante, prende forma davanti ai nostri occhi in modo chiaro e si apre davanti a noi per farci sentire membri del gruppo. Il film si sposta poi in Giappone, dove un altro giovane si unisce alla sua famiglia per partecipare all'Obon, una cerimonia in onore degli antenati defunti che si tiene ogni anno in Giappone.

La proposta di Uwagawa è radicalmente personale e assolutamente priva di cliché. Il film si ricrea negli spazi che ritrae e negli esseri umani che li abitano, con calma, senza forzare situazioni drammatiche e senza porre alcun discorso evidente che condizioni l'esperienza dello spettatore. Tutto questo può essere impegnativo, o forse un po' confuso. Tuttavia, ciò che rimane, ciò che spicca più di ogni altra cosa nell'insieme, è un senso di solidità eterea. Il film riesce a creare connessioni tematiche, formali e concettuali tra gli episodi in modo che, come osservatori privilegiati, siamo in grado di fluire attraverso le immagini e i suoni, assorbendo le sensazioni e gli stimoli che lo schermo lancia ai nostri occhi.

E alla fine siamo convinti che dietro il desiderio del regista giapponese di rivisitare il classico omerico attingendo alla visione rivoluzionaria di Joyce, non ci sia altro che un esercizio di onestà. In un modo che sembra casuale e involontario, ma che non lo è affatto, il film solleva questioni come la ricerca della casa, il senso di appartenenza, i legami familiari e il fascino di luoghi e persone che non conosciamo, ma che potrebbero diventare la casa che tutti noi stiamo cercando ardentemente. Tutte queste idee universali, che Uwagawa esplora con sensibilità e intelligenza, riflettono profondamente e in egual misura la storia di Omero e il mondo in cui viviamo oggi.

Ulysses è una coproduzione della giapponese Ikoi Films LLC e della spagnola Elías Querejeta Zine Eskola, realizzata dopo la partecipazione alla residenza Ikusmira Berriak organizzata dalla stessa scuola in collaborazione con il Festival di San Sebastian e la Tabakalera.

(Tradotto dallo spagnolo)

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