Recensione: La mitad de Ana
- L'attrice Marta Nieto debutta alla regia con un lungometraggio sentito e sensibile in cui interpreta il ruolo principale e in cui affronta i chiaroscuri personali della madre di un figlio trans

Marta Nieto è una delle attrici più talentuose del teatro e del cinema spagnolo: ha vinto il premio per la miglior interprete nella sezione Orizzonti della Mostra del cinema di Venezia per il suo lavoro in Madre [+leggi anche:
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intervista: Rodrigo Sorogoyen
scheda film], e per lo stesso titolo è stata candidata anche ai Goya e agli European Film Awards. Coraggiosa come altre sue colleghe (Paz Vega, Sara Sálamo o Carolina Yuste) che si sono buttate, o si stanno buttando, nel tempestoso mondo della regia, ma anche consapevole della sua poca esperienza in questo campo, Nieto non solo ha diretto il cortometraggio Son come prova per un futuro lungometraggio, ma si è anche candidata a programmi di sviluppo come il D'A Film Lab Barcelona e il programma Residencias dell’Accademia del Cinema spagnolo, che ha frequentato alla sua prima edizione. Il risultato è La mitad de Ana [+leggi anche:
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intervista: Marta Nieto
scheda film], che è stato presentato in concorso alla 69ma Seminci di Valladolid.
In questo film, l'attrice interpreta l'Ana del titolo, che si divide tra il suo lavoro di guardiana di un museo e la cura della figlia Sonia (interpretata da Noa Álvarez), frutto della sua relazione con un francese (Nahuel Pérez Biscayart). La bambina inizia a mostrare di non sentirsi a proprio agio con il genere che le è stato assegnato alla nascita e inizia un processo di riscoperta della propria identità, in cui Ana è coinvolta mentre si occupa della sua custodia.
Partendo da queste premesse, Nieto crea il ritratto di una donna tormentata da diverse problematiche, con la transessualità infantile sullo sfondo. Attraverso il conflitto che presuppone che l'ambiente sociale modifichi la visione binaria generalizzata e riducente della sua creatura, la madre stessa deve iniziare a vedere il mondo – e soprattutto la propria vita – sotto una nuova luce e non solo come genitore esclusivamente devoto. Ci troviamo quindi di fronte a una doppia transizione, poiché l'una spingerà l'altra: dal figlio e dalla madre – che ha accantonato i suoi sogni, i suoi piaceri e le sue ambizioni, nascosti dietro la sua missione di nutrice – verso il suo io più profondo e libero.
Questa è la metà del personaggio centrale, nascosto come il lato in ombra della luna, a cui allude il titolo di un film sentito, intimo, vicino ed emozionante, che parla anche di precarietà del lavoro, di affido condiviso e del ruolo curativo dell'arte nell'aiutarci a uscire dalle situazioni di crisi.
Pur correndo il rischio di essere paragonato a un altro titolo spagnolo, 20.000 especies de abejas [+leggi anche:
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intervista: Estíbaliz Urresola
scheda film], che tratta ugualmente di transessualità infantile, La mitad de Ana sceglie di lasciare questo tema sullo sfondo (la famiglia qui accetta perfettamente il piccolo Son) e – aiutato da tecniche di animazione e da una messa in scena che utilizza primi piani, sfocature e riflessi per trasmettere il caos, la confusione e lo smarrimento del personaggio adulto centrale – di sottolineare il bisogno che tutti abbiamo di vedere realizzati i nostri sogni, anche al di sopra della dedizione illimitata verso i nostri cari.
La mitad de Ana è una coproduzione ispano-francese di Elastica, Avalon, Mr. Fields and Friends Cinema e Studiocanal, che si occupa delle sue vendite internazionali. Il film uscirà in Spagna il 13 dicembre con Elastica.
(Tradotto dallo spagnolo)
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