Recensione: Fin de fiesta
- La produttrice e regista Elena Manrique costruisce un racconto delizioso e acido che si scaglia contro quelle classi sociali agiate tanto ipocrite quanto classiste
Presentato in anteprima mondiale nella sezione Discovery del Festival di Toronto, The Party's Over [+leggi anche:
intervista: Elena Manrique
scheda film] è il primo lungometraggio (dopo diversi esperimenti sotto forma di cortometraggi o mediometraggi) di una regista che ha una lunga esperienza nel campo minato della produzione: Elena Manrique, la donna dietro successi come Il labirinto del fauno [+leggi anche:
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scheda film], The Orphanage [+leggi anche:
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scheda film] e Cella 211 [+leggi anche:
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intervista: Daniel Monzón
scheda film]. Questa opera prima concorre ora per il Golden Spike nella sezione ufficiale del 69mo Seminci di Valladolid.
La storia è ambientata in Andalusia, dove un immigrato africano senza documenti, inseguito dalla polizia, riesce a intrufolarsi in una maestosa villa padronale con un enorme giardino dove restare fino all'alba. Dal capanno osserva con stupore le dinamiche che si instaurano tra la proprietaria del luogo e la sua fidata cameriera, ma un giorno viene scoperto dalla prima e, poco dopo, dalla seconda. Contrariamente alle aspettative, nessuna delle due dice niente all'altra: entrambe terranno segreto il fatto che c'è un terzo passeggero su questa nave alla deriva nel tempo e nello spazio...
Questa trama - scritta dalla stessa Manrique, che aveva già lavorato a un altro film sugli immigrati, Jumping the Fence [+leggi anche:
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scheda film], di Benito Zambrano, la cui protagonista Edith Martínez-Val compare anche qui - viene utilizzata dalla regista per costruire un'arguta satira sociale che, pur suscitando qualche sorriso, si scaglia contro quelle elite scellerate che si aggrappano saldamente ai loro privilegi stantii, mentre ritrae una classe lavoratrice che sopravvive con menzogne e sotterfugi al il giogo ancestrale delle loro capricciose signore della Spagna più arretrata.
In The Party's Over la figura dell'immigrato diventa l'occhio esterno - come quello dello spettatore - che non solo osserva come in una cosiddetta società moderna si perpetuino modelli schiavistici sotto mentite spoglie ma, come visitatore inatteso - come in certi classici del cinema, da Teorema ad Alien - farà esplodere tutto ciò che è stato precedentemente e ipocritamente stabilito in questo micromondo.
Ben sostenuto dalla recitazione di Sonia Barba (proveniente dal mondo del teatro e dello spettacolo, una vera scoperta per il cinema), che interpreta Carmina, figura dominante, manipolatrice, egoista ed edonista, ancorata a uno splendido passato da cui non può e non vuole staccarsi, The Party's Over si pone come un film di una freschezza e malizia che sono le benvenute nel cinema d’oggi. Un film che non si prende troppo sul serio, osa raccogliere la sardonica fiaccola del maestro Berlanga (che si scagliava contro l'aristocrazia in titoli indimenticabili come La escopeta nacional) e invita lo spettatore, contrariamente a quanto assicura il titolo, a godersi la festa.
The Party's Over è una coproduzione ispano-belga de La Claqueta, Perdición Films e Menuetto Films. Le vendite internazionali sono curate da Goodfellas.
(Tradotto dallo spagnolo)