Recensione: Valentina and the MUOSters
- Nel documentario di Francesca Scalisi, una giovane donna cerca la propria indipendenza dai genitori dispotici in un villaggio siciliano all'ombra della struttura di spionaggio militare americana

Nei suoi tre precedenti documentari di medio e lungometraggio, tutti co-diretti con altri collaboratori, Francesca Scalisi ha affrontato diversi temi, come i microcosmi che scompaiono nel nostro mondo in continuo cambiamento (La gente dei bagni, 2015), il rimanere nella propria casa anche quando sta cadendo a pezzi (Half Life in Fukushima, 2018) e una giovane donna divisa tra tradizione e modernità e tra l'imperativo di obbedire alle regole e l'impulso di liberarsi (Digitalkarma [+leggi anche:
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scheda film], 2019). Il suo ultimo lungometraggio, Valentina e i MUOStri, presentato in anteprima mondiale al Visions du Réel di quest'anno, in Concorso nazionale, dove ha vinto il Premio Speciale della Giuria, e ora proiettato nella sezione Documentari del Concorso internazionale del DOK Leipzig, è una sintesi dei vari motivi esplorati nelle sue tre opere precedenti. È interessante notare che si tratta anche del primo lavoro da solista di Scalisi nel formato lungo.
La nostra protagonista è una donna di 26 anni che vive con i genitori nel suo paese natale, Niscemi, in Sicilia. Non si è mai mossa da casa, non ha mai avuto un lavoro né una patente per spostarsi dal casale di famiglia al centro del paese. Ha ancora i suoi hobby, come lavorare all'uncinetto i fiori di lana e passeggiare nel bosco fino alla sua quercia secolare preferita, e sogna ancora di trasferirsi e trovare un lavoro come cuoca. Ma li ha accantonati per stare vicino ai genitori anziani, dai quali viene costantemente rimproverata per i suoi desideri troppo irrealistici o per la sua mancanza di ambizione.
La seconda parte del titolo del film è un gioco di parole con un acronimo. Il MUOS è un sistema di comunicazione satellitare creato, gestito e sorvegliato da soldati americani, che ha lo scopo militare di spiare i movimenti di altri eserciti nel Mediterraneo e nell'Asia centrale e, più recentemente, una base di lancio per droni spia. La popolazione locale, tuttavia, lo considera un pericolo per la salute, soprattutto a causa delle forti onde elettromagnetiche che le sue antenne trasmettono. Le antenne stesse si sentono costantemente, poiché il loro ronzio è più forte dei suoni naturali, il che porta i pochi abitanti del luogo a sospettare che possano essere responsabili di tutte le siccità e gli incendi boschivi. Le loro proteste, tuttavia, non portano grandi frutti, indipendentemente dai “colori” politici che i manifestanti indossano. Riuscirà Valentina a liberarsi da questo luogo e dal ruolo di bambina eternamente goffa che le è stato imposto dai genitori?
Valentina e i MUOStri riecheggia il lavoro di due grandi maestri contemporanei del documentario italiano: Gianfranco Rosi (il ritratto di una piccola comunità coinvolta nel tumulto degli eventi globali fa venire in mente Fuocoammare [+leggi anche:
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intervista: Gianfranco Rosi
scheda film]) e Roberto Minervini, in particolare la sua opera sulle persone ai margini della società nel Sud americano. Ma Francesca Scalisi opta per un approccio più intimo, incentrato sulla protagonista e su ciò che la circonda. A questo proposito, la fotografia della collaboratrice abituale della regista, Stefania Bona, che adotta un formato 4:3, mette in risalto Valentina al massimo, sfruttando anche al meglio il paesaggio solitamente brullo. Ma il vero valore aggiunto della troupe è la compositrice e sound designer Olga Kokcharova, il cui lavoro in entrambi i reparti crea una perfetta sinergia di rumori stridenti, ricordandoci che Valentina e la sua famiglia si sentono costantemente minacciati da una situazione che supera di gran lunga la loro capacità di cambiarla.
Valentina e i MUOStri è una coproduzione svizzero-italiana di Dok Mobile e Articolture, in coproduzione con RTS Radio Télévision Suisse. Lightdox si occupa delle vendite.
(Tradotto dall'inglese)
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