Recensione: White Courage
- Il polacco Marcin Koszałka firma un'opera imponente su un lato travagliato e poco conosciuto della Storia in cui i legami di sangue vengono messi a dura prova
“Non posso proibirti di ballare con i tedeschi, fratello, ma lo farai senza di me. Non saremo dei traditori”. È nel pieno della Seconda guerra mondiale nella regione di Podhale, nel sud della Polonia, ai piedi dei monti Tatra, che il talentuoso regista e direttore della fotografia polacco Marcin Koszałka si immerge con White Courage [+leggi anche:
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intervista: Marcin Koszałka
scheda film], il suo secondo lungometraggio di finzione dopo l'acclamato The Red Spider [+leggi anche:
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intervista: Marcin Koszalka
scheda film] (in concorso a Karlovy Vary nel 2015).
Pluripremiato al Festival di Gdynia, successo nelle sale nazionali (con un incasso di 1,2 milioni di euro) e proiettato in anteprima francese in concorso al 25mo Arras Film Festival, questo ritratto ambizioso e spettacolare, romantico e storico, affrontato da un punto di vista familiare, esplora il destino paradossale del popolo degli Highlander, un insieme di clan locali uniti dalla loro cultura e da tradizioni che hanno resistito nonostante le turbolenze geopolitiche europee. Ma questa solidarietà è minata dall'invasione nazista, perché nelle vene degli Highlander scorre un antico sangue germanico.
Il periodo prebellico è l'ambientazione di questa storia, che ruota attorno a veri e propri legami di sangue e a un dramma familiare: Jedrek (Filip Plawiak) e Bronka (Sandra Drzymalska) si amano (la giovane è in realtà segretamente incinta), ma la volontà ferrea dei rispettivi padri, a capo dei clan Zawrat e Wetula, porta a un matrimonio di convenienza tra Bronka e il fratello maggiore di Jedrek, Maciek (Julian Swiezewski). Appassionato di alpinismo, Jedrek causa indirettamente la morte del padre in una valanga e si esilia a Cracovia, diventando una sorta di artista circense chiamato “l'uomo volante” che scala le cattedrali a mani nude. È a questo punto che nella vita di Jedrek entra Wolfram von Kamitz (Jakub Gierszal), un tedesco altrettanto appassionato di scalate e conquiste di vette innevate, ma anche uno scienziato alla ricerca dell'origine della razza germanica. Alla fine, la guerra viene dichiarata e la Polonia cade in preda all'ideologia nazista e all'esercito nazista (“ogni territorio che liberiamo riceve una certa classificazione a seconda del suo valore biologico in termini di purezza razziale”). Nonostante sia perfettamente consapevole della natura assassina degli occupanti, Jedrek riesce a vedere un modo per garantire l'autonomia e la sopravvivenza del suo popolo. Ma non tutti gli Highlander condividono il suo punto di vista, tanto meno suo fratello Maciek. E la pressione dei tedeschi si fa sempre più forte...
Sviluppata nell'arco di diversi anni, la notevole sceneggiatura (scritta dal regista insieme a Lukasz M. Maciejewski) porta in superficie con grande accuratezza un episodio storico spinoso e affascinante, che non ha mancato di suscitare polemiche quando il film è uscito in Polonia. Ma esplorando la zona grigia della sopravvivenza e della collaborazione attraverso un prisma sia fraterno (come in Il vento che accarezza l’erba [+leggi anche:
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intervista: Ken Loach
intervista: Rebecca O’Brien
scheda film] di Ken Loach) che culturale (tradizioni e rituali), il regista riesce a infondere alla storia sfumature e umanità evitando il manicheismo. Il tutto in un contesto formale incredibilmente bello, che vede il regista (che cura anche la fotografia del film) eccellere tanto nelle ombre degli interni (intorno ai fuochi) quanto nei sublimi panorami montani, e in particolare nelle scene di alpinismo mozzafiato.
Prodotto da Balapolis e coprodotto da Monolith Films, White Courage è venduto nel mondo dalla società tedesca Media Move.
(Tradotto dal francese)
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