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LECCE 2024

Recensione: Wishbone

di 

- Nel suo nuovo film la regista greca Penny Panayotopoulou cattura con realismo e poesia la condizione di una famiglia che resiste in una società frammentata, sullo sfondo della malasanità

Recensione: Wishbone
Garoufalina Kontozou e Giannis Karampampas in Wishbone

Il wishbone è l’“osso del desiderio”, ovvero, come recita la Treccani, il “nome con cui viene familiarmente chiamata la forcella dello sterno del pollo che suole essere tirata da due persone con l'intesa che quella a cui resterà in mano il pezzo più lungo vedrà esaudito un proprio desiderio”. C’è molto da desiderare, poiché si ha molto poco, nel film della regista greca Penny Panayotopoulou presentato al 25mo Festival del cinema europeo di Lecce e lì premiato per la miglior fotografia. Proiettato in chiusura del concorso internazionale, Wishbone [+leggi anche:
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si è rivelato una variazione ulteriore sul tema delle difficoltà del vivere che ha percorso molti dei film europei in gara quest’anno. Ma qui l’impronta che ha voluto dare al racconto la sua autrice (tra i suoi lavori precedenti sono da citare Hard Goodbyes: My Father e September [+leggi anche:
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) è spiccatamente sociale, portando alla luce le pratiche scorrette di alcuni studi legali che approfittano delle ristrettezze economiche delle persone per fabbricare finti casi di negligenza medica a scopo di lucro.

Potrebbe averlo girato Ken Loach questo film, il maestro del cinema sociale inglese a cui proprio quest’anno il Festival di Lecce ha tributato l’Ulivo d’oro alla carriera. Ispirato a fatti realmente accaduti e ad esperienze personali della regista, il film adotta il punto di vista di Kostas (l’attore teatrale Giannis Karampampas, qui al suo primo ruolo da protagonista al cinema), un giovane uomo che ama scorrazzare in moto con gli amici, ama la sua fidanzata Stella (Efthalia Papacosta) e lavora come guardia giurata in un ospedale pubblico, cercando di aiutare come può e facendo anche più di ciò che gli verrebbe richiesto. Quando suo fratello muore all’improvviso, è costretto a prendersi cura della nipotina insieme a sua madre (Alexandra Sakelaropoulou) e questo nonostante i soldi a disposizione siano davvero pochi, poiché la madre della bimba non riesce a badare nemmeno a se stessa. Kostas è ormai un capofamiglia e ha bisogno di soldi per salvare la casa dove i tre vivono. Così, quando gli viene offerto di testimoniare il falso contro una brava e zelante dottoressa dell’ospedale, in cambio di un mucchio di denaro che risolverebbe tutti i suoi problemi, la sua coscienza vacilla.

Il film ha una struttura molto semplice e procede lineare nelle sue due ore di durata, seguendo Kostas nel suo lavoro, nel suo rapporto altalenante con Stella, nella sua ricerca di soldi, e soprattutto nei suoi momenti in famiglia. Le scene in casa, in particolare nel tinello-veranda dove viene apparecchiata la tavola (e dove si gioca con il wishbone), sono luminose e calde. La regista, che ha dichiarato di essersi ispirata per luci e atmosfera al cinema americano degli anni ’70, cattura con realismo e naturalezza la condizione di una famiglia che resiste nonostante tutto, che trova conforto e sostegno al suo interno, in una società frammentata in cui ognuno pensa per sé e alla propria sopravvivenza. Il tutto aggiungendo un tocco di poesia qua e là (che belli i primi piani sulla bambina) che danno respiro e speranza a un ritratto sociale di per sé molto triste e crudo.

Wishbone è una coproduzione tra Grecia, Francia, Germania e Cipro, prodotta rispettivamente da PP Productions, Manny Films, Pallas Film GmbH e Felony Film Productions, in associazione con la greca Asterisk*.

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