FILM / RECENSIONI Francia / Germania / Belgio
Recensione: Rabia
- Interpretata dalla formidabile Megan Northam, Mareike Engelhardt realizza un'opera prima dura e chiara sul lato oscuro della radicalizzazione

"Qui ti aspetta un destino più grande". Un totale di 42.000 persone provenienti da 110 Paesi si sono unite allo Stato Islamico in Siria e in Iraq tra il 2013 e il 2016, un fenomeno di reclutamento su larga scala di cui il cinema francese si è già occupato approfondendo l'origine delle partenze (Le ciel attendra [+leggi anche:
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intervista: Mareike Engelhardt
scheda film], primo lungometraggio di Mareike Engelhardt, distribuito nelle sale francesi dal 27 novembre da Memento Distribution, un film di finzione si era immerso con tale intensità, paradosso e intimità viscerale nel processo di indottrinamento sul posto di una giovane donna europea che sembrava già segnata dal destino.
"Quanto pensi che siamo alti? Non sono mai stata così vicina al sole". "È troppo bello". "Questo è solo l'inizio, vedrai...". Jessica (una formidabile Megan Northam) e Laïla (Natacha Krief), due coetanee senza peli sulla lingua, sono in aereo verso una nuova vita che immaginano entusiasmante ("faremo la storia") e che spazzerà via del tutto la loro grigia quotidianità di apprendiste infermiere in Francia. Il loro piano? Unirsi allo Stato Islamico, dove Laïla diventerà la moglie di Akram, come previsto, e Jessica la sua seconda moglie. A 19 anni, Jessica si sente pronta per il grande salto: ha imparato l'arabo e ha un'incrollabile devozione religiosa.
Ma una volta entrata nella mafada (una grande casa dove le donne vengono confinate fino a quando non sono pronte per il matrimonio), gestita da Madame (Lubna Azabal) con pugno di ferro e guanto di velluto, Jessica scopre una "famiglia", delle regole e una realtà che richiede una sottomissione assoluta. In preda alla confusione, tra i suoi sentimenti passati ("laggiù non mi ascoltavano, non mi rispettavano") e il tumulto delle sue contraddittorie intenzioni (uno spirito impulsivo che anela alla libertà e un ardente desiderio di mettersi alla prova), la giovane donna, ribattezzata Rabia, si trasformerà gradualmente (non senza sofferenze psicologiche e fisiche) e passerà dall'altra parte dello specchio, dalla parte dei carnefici...
Avvincente e affascinante storia di donne dietro le quinte, Rabia è avvincente e avvincente, un dietro le quinte tutto al femminile che riesce a cogliere con grande finezza le zone d'ombra della "banalità del male", tracciando uno struggente percorso personale e un viaggio nell'oscurità che è insieme romanzesco e al limite del documentario (ricco di piccoli dettagli convincenti e credibili). Con una forza emotiva asciutta e concentrata, catturata idealmente dalla direttrice della fotografia Agnès Godard, il film getta uno sguardo estremamente accurato e intimo su un terreno delicato agli occhi dell'Occidente ("se sono venute qui, è perché mancava loro qualcosa di fondamentale. E il vostro compito è scoprire cosa sia e darglielo"). È una cruda constatazione di un malessere che forse spiega perché i grandi festival internazionali abbiano preferito chiudere un occhio su un'opera così promettente, che ha ottenuto numerosi riconoscimenti (soprattutto da parte del pubblico e delle giurie giovanili) nelle manifestazioni locali (Deauville, Valenciennes, War on Screen, Arte Mare, Macon, Sarlat) in cui è stato presentato negli ultimi mesi.
Prodotto dalla francese Films Grand Huit in coproduzione con Arte France Cinéma, dalla tedesca Starhaus Production e dalle belghe Kwassa Films e RTBF, Rabia è venduto a livello internazionale da Kinology.
(Tradotto dal francese)
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