email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

TORINO 2024

Recensione: L’Aiguille

di 

- Abdelhamid Bouchnack porta alla luce un tema sensibile nella società tunisina, quello dell’intersessualità vissuta come un’onta che va lavata intervenendo chirurgicamente sul neonato

Recensione: L’Aiguille
Bilel Slatnia e Fatma Sfar in L'Aiguille

Un genitore ha il diritto di scegliere il genere di suo figlio/a? Può la società imporre a un padre e a una madre di determinare l’identità sessuale di un neonato quando la natura, di suo, non lo ha fatto? E si può chieder loro di compiere questa scelta in tre giorni al massimo? È davanti a un bivio crudele, quasi impossibile, che si ritrovano i due neo genitori protagonisti di L’Aiguille, terzo lungometraggio del regista tunisino Abdelhamid Bouchnack, premio per la miglior sceneggiatura al 42mo Torino Film Festival dopo essere stato distribuito nelle sale tunisine lo scorso dicembre e aver concorso al Festival di Tripoli a settembre.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Il regista, che ha al suo attivo un horror (Dachra, 2018) selezionato alla SIC della Mostra di Venezia e un dramma fantasy (Papillon d’or, 2021) candidato per la Tunisia all’Oscar, con questo suo nuovo film affronta un tema delicato e molto sensibile per la società tunisina, quello dell’intersessualità, una condizione che, quando si verifica, è vissuta come un’onta che va lavata intervenendo chirurgicamente sul neonato nei primissimi giorni di vita, possibilmente senza farlo sapere a nessuno. Una scelta affrettata – quella tra il preservare gli organi genitali maschili o femminili, in presenza di entrambi – che può rivelarsi catastrofica nello sviluppo dell’identità sessuale della persona, che invece dovrebbe poter scegliere in piena autonomia da grande.

Dali (Bilel Slatnia) e Mariem (Fatma Sfar) sono una coppia di giovani sposi, vivono a Tunisi e aspettano un bambino. Lo hanno desiderato tanto e finalmente, dopo quattro anni di tentativi, eccolo comparire sul monitor dell’ecografia: un bel maschietto. La pancia cresce e l’unica preoccupazione sembra quella di trovare il nome giusto. Dali è un marito premuroso, Mariem è piena di gioia. L’atmosfera che si respira in casa è di festa, anche per i futuri nonni, gli affettuosi e protettivi genitori di Dali (Jamel Madani e Sabah Bouzouita), che si prendono cura di Mariem come una figlia, visto che lei i suoi genitori non li ha più. Il giorno del lieto evento, però, il sorriso di Dali e Mariem si spegne bruscamente, quando in ospedale ricevono la notizia che in realtà il loro bambino è anche una bambina (qualcosa che non era leggibile dall’ecografia) e che hanno 72 ore per decidere se la loro creatura sarà un maschio o una femmina. I due sposi reagiscono in modo diverso: Mariem accetta pian piano la situazione, Dali non riesce nemmeno a tenere suo figlio in braccio. La coppia sprofonda in un vortice di paranoia, l’uno chiedendosi che cosa diranno gli altri, l’altra temendo che suo marito possa fare del male al bambino. Fin quando è possibile, mantengono il segreto anche con i genitori di Dali, e interrogano sia il medico che l’imam per decidere cosa fare.

Il film racconta i tre giorni cruciali di questa famiglia, tra pianti, dubbi, rivelazioni, rispecchiando i complessi e i tabù di una società secondo la quale “sei un uomo se metti al mondo un uomo”, l’omosessualità è una vergogna e l’intersessualità è una mostruosità che va corretta – anche se, in teoria, Dio (o Allah) non si sbaglia mai. Il regista dimostra una grande sensibilità nel registrare i moti d’animo dei suoi personaggi, scrutandone i volti e anche i silenzi, mentre li tiene in un huis clos angosciante in cui la casa si trasforma in una sorta di prigione, una sensazione a cui contribuisce la fotografia fredda e a tratti ovattata, come in un brutto sogno, del DoP Hatem Nechi. Un film che accende un faro su un vuoto legislativo che andrebbe colmato, quello dei diritti dei bambini con ambiguità sessuale, e che coinvolge a livello emotivo e umano, al di là della decisione finale.

L’Aiguille è prodotto dalla società tunisina Shkoon Production.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy