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TORINO 2024

Recensione: N-Ego

di 

- Il secondo film di Eleonora Danco è una performance tra teatro dell’assurdo ed esperimento sociale che distilla le storie di persone comuni incontrate a Roma

Recensione: N-Ego
Eleonora Danco in N-Ego

Uno strano personaggio in impermeabile rosso fuoco si aggira per le strade di Roma. È Eleonora Danco, attrice per Nanni Moretti, Marco Bellocchio, Cristina Comencini e Daniele Luchetti e poi regista e sceneggiatrice con N-Capace [+leggi anche:
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nel 2015 e ora con N-Ego, in concorso al Torino Film Festival. Una calza calata sulla testa per rendersi irriconoscibile come i rapinatori di banche e assomigliare ai manichini metafisici di De Chirico e una cartuccera a tracolla piena di sonniferi (i costumi sono di Alessandro Lai), Eleonora percorre meravigliose straduzze del centro storico, maestosi acquedotti d’epoca romana, anonime piazze di periferia, e giù fino al mare di Terracina e Sperlonga – luoghi a lei familiari – per intervistare esseri umani.

Centinaia di ore di girato che il fedele montatore Marco Tecce ha pazientemente assemblato assieme alle immagini della regista che si auto-riprende sdraiata sull’asfalto, supina o bocconi, in ginocchio o gambe all’aria o mentre legge appunti in cui mette a nudo le sue personali nevrosi e paure, parole condite con massicce dosi di autoironia (“mi faccio schifo sempre, anche questa mattina”). Quelle raccontate dagli intervistati sono storie intime, a volte paradossali, che rispecchiano le considerazioni della regista: drammatiche relazioni sentimentali, conflitti familiari, fallimenti e sogni infranti, la rabbia di non poter vivere una vita decente, la morte, la masturbazione, la maternità negata. C’è l’ex hippie, quelli che si è rovinato con il gioco d’azzardo, il giovane rapinatore segnato dal destino di aver avuto un padre a sua volta rapinatore, il ragazzo che vive “la scena rap” ma potrebbe fare il prete, la donna che ha chiesto al chirugo di farle le gambe come quelle del partner (il chirurgo si è rifiutato), la giovane donna emblematicamente legata ad un palo, come San Sebastiano, che si è liberata del marito che la maltrattava; quello che è cresciuto in cinque in una stanza. All’opposto, la radical chic figlia d’ambasciatore, che ha vissuto tra Mosca, Washington, Mogadiscio e Parigi, o quella che si sposta tra l’Isola della Maddalena e Cortina d’Ampezzo (“amo il riflesso dell’alba sulla neve”). Tutti pezzi del mosaico di una società frammentata e unita nell’alienazione. Ritratti e storie che sarebbero piaciuti al Pier Paolo Pasolini documentarista di Comizi d’amore (e PPP viene comunque citato in varie forme).

Ma Danco i suoi intervistati li mette in posa, come fa Ulrich Seidl con i suoi attori non professionisti, fa ripetere più volte i loro racconti quando non è contenta del risultato, li spiazza con le sue domande, arriva a maltrattarne qualcuno (“mio padre si impossessa di me, divento lui”), li fa assalire da divinità minori avvolte in mantelli dorati (o coperte termiche di pronto soccorso?). Danco infine distilla tutto il bizzarro in una performance tra teatro dell’assurdo ed esperimento sociale che deve aver convinto a entrare in coproduzione il francese Jean Bréhat, che con Rachid Bouchareb finanzia i film del regista di attori professionisti più estremo che c’è in Europa, Bruno Dumont. In N-Ego infatti non c’è nessuno sfruttamento del grottesco, ma c’è passione e sincerità, c’è una pura partecipazione per le vite di queste persone e fede assoluta nel potere della rappresentazione. N-Ego è un film spietato e beffardo che interroga lo spettatore, lo sfida e lo respinge. E che avrebbe potuto fare a meno di quella parte di satira sull’industria del cinema che sfrutta il cameo di Filippo Timi nei panni del produttore che cita Shakespeare ma non molla un centesimo (“per accedere ai fondi europei devi fare un film sul razzismo, le guerre o il femminismo”) o quello di Elio Germano che si finge taxista.

N-Ego è una coproduzione italo-francese di Nightswim e Tessalit Productions, in collaborazione con RAI Cinema.

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