Recensione: Europa centrale
- Il primo lungometraggio del regista triestino Gianluca Minucci è un pezzo di cinema espressionista, tecnicamente ben fatto e con cast di livello, ma narrativamente debole
Fascisti, stalinisti, dissidenti e spie, tutti a bordo di uno stesso treno che attraversa la Mitteleuropa, mentre Hitler è alle porte della Francia, Stalin ha da poco compiuto le sue grandi purghe e i comunisti italiani sono perseguitati dalla polizia politica di Mussolini. È un viaggio da incubo quello descritto in Europa centrale, primo lungometraggio del regista triestino Gianluca Minucci, presentato in concorso al 42mo Torino Film Festival e girato interamente all'interno del Museo dei treni di Budapest, su carrozze originali anni Venti e Trenta, e alla Stazione centrale Keleti, sempre nella capitale ungherese.
È l’aprile del 1940, le grandi ideologie del Novecento (fascismo e comunismo stalinista) polarizzano e dividono, l’atmosfera politica che si respira è tra le più violente e angoscianti. Un uomo e una donna (Paolo Pierobon e Catherine Bertoni De Laet) viaggiano per portare a termine una delicata missione per il Comintern, mentre sullo stesso treno c’è il sospetto che si aggiri una spia incaricata di dare la caccia ai “nemici del popolo”, espressione che in gergo stalinista sta per tutti coloro che si oppongono al regime sovietico, compresi gli stessi compagni di partito. Nel frattempo, dagli altri vagoni, risuonano i canti dei fascisti, e un’altra coppia di segno opposto alla prima (Tommaso Ragno e Matilde Vigna) discetta di fedi politiche e di strategie. I due totalitarismi si incontreranno sul treno in un teso faccia a faccia, mostrando uguale irrazionalità, violenza, isteria. Nel cast, anche la giovane Angelica Kazankova (già vista in Orlando [+leggi anche:
recensione
trailer
scheda film]), nei panni di una diabolica scolaretta sovietica, e Levente Molnár (Il figlio di Saul [+leggi anche:
recensione
trailer
Q&A: László Nemes
intervista: László Rajk
scheda film]) in un ruolo ambiguo, misterioso (“lei è qui per proteggere o per controllare?”).
Gli eleganti vagoni d’epoca in cui si svolge l’azione, le musiche originali del compositore polacco Zbigniew Preisner (storico e pluripremiato collaboratore di Krzysztof Kieslowski, di cui ha musicato l’intera Trilogia dei colori), arricchite dai cori e dalla voce della soprano polacca Edyta Krzemień, e la raffinata fotografia di Carlo Rinaldi, giocata su un mix caldo-freddo di toni del rosso e del celeste, rendono la confezione di questo “kammerspiel metafisico” molto ricercata. Lo stile richiama il cinema espressionista, la cinepresa sta attaccata ai volti dei personaggi e talvolta li deforma, aumentando il senso di claustrofobia e di paranoia. Il montaggio frenetico di Ian Degrassi crea un ambiente allucinatorio, il sound design di Thomas Giorgi sottolinea lo sferragliare continuo del treno. È tutto tecnicamente molto efficace, ma lo script scritto dal regista con Patrick Karlsen (ricercatore all’Università di Trieste, esperto di comunismo internazionale e culture politiche nell’Europa del Novecento) resta freddo e poco coinvolgente, i dialoghi sono enfatici, spesso criptici, la recitazione è molto teatrale e gli intermezzi onirico-metaforici risultano un po’ forzati. È evidente che Minucci, che ha lavorato in passato nel campo dei videoclip e degli spot pubblicitari, sa come realizzare un film visivamente accattivante, ma il rischio qui è che, tolta la forma, narrativamente parlando rimanga troppo poco, e che questo poco venga affossato ulteriormente da personaggi archetipici e artificiosi.
Europa centrale è prodotto da Danubio Film, Wildside, M74 (Italia) in collaborazione con RAI Cinema.
Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.