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CINEMAMED 2024

Recensione: Reine Mère

di 

- Manele Labidi offre una cronaca familiare agrodolce che si avventura con audacia nel genere fantastico, affrontando l'esilio e l'identità con insolente tenerezza

Recensione: Reine Mère
Camélia Jordana in Reine Mère

Acclamata nel 2019 per il suo primo lungometraggio Un divan à Tunis [+leggi anche:
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, grande successo di critica e di pubblico e interpretato dalla carismatica attrice Golshifteh Farahani, la regista franco-tunisina Manele Labidi torna con il suo secondo lungometraggio, Reine Mère [+leggi anche:
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, un'affascinante dramedy familiare che esplora le complesse questioni dell'esilio, dell'immigrazione e dell'integrazione. Il film è stato presentato in chiusura di Cinemamed dopo la sua anteprima al Festival internazionale del cinema di Saint-Jean-de-Luz.  

“Sapete chi sono? La figlia di un contadino che si crede la regina d'Inghilterra”. Amel (Camélia Jordana) e Amor (Sofiane Zermani) si amano ma bisticciano continuamente. Lei è tunisina, lui algerino, ed entrambi hanno lasciato il loro paese per stabilirsi in Francia e mettere su famiglia. Amel prova nostalgia, mentre Amor valuta – con una certa dose di autoinganno – la fortuna di crescere le sue due figlie in una cittadina di periferia, pulita e tranquilla, dove sono iscritte alla scuola di Providence, la migliore della zona. Così, quando viene a sapere che il contratto di affitto del suo appartamento non sarà rinnovato e gli viene proposto di trasferirsi in una casa popolare a 45 minuti di treno dalla scuola, il suo cuore ha un sussulto. Costantemente in subbuglio, Amel è arrabbiata per il declino sociale che l'ha portata all'esilio, una rabbia potenzialmente amplificata dal carattere resistente del marito che fa due lavori per mantenere la famiglia. La coppia cammina sul filo del rasoio, ma poi la figlia maggiore, Mouna (Rim Monfort), ha uno strano incontro nel corridoio della scuola con nientemeno che Charles Martel (Damien Bonnard). Questa figura leggendaria della storia francese diventa per lei una sorta di amico immaginario: un amico astuto, mal educato e brusco, ma comunque un amico che stranamente la aiuta a esplorare le sue paure e a capire la sua identità.

Il film si svolge nei primi anni '90, quando l'affare Omar Raddad e la prima guerra del Golfo sono su tutti i giornali. L'accesso al lavoro e le politiche abitative sono al centro della vita familiare di Amel e Amor. Quale posto la Francia è disposta a offrire o piuttosto a lasciar loro? E quali compromessi dovranno accettare? Mentre Amor cerca di portare la magia nella loro vita quotidiana, Amel si illude di un ipotetico ritorno in patria, che non avverrà. Manele Labidi sorprende per la sua caratterizzazione dei personaggi, in particolare per il modo in cui la rabbia mostrata da Amel – che è ben lontana dall'immagine stereotipata di una donna soggiogata dal marito – riecheggia la presunta rabbia del guerriero Charles Martel. “Che cosa hai fatto, oltre a respingere gli arabi a Poitiers nel 732?”, chiede Mouna al suo nuovo compagno di giochi. Usando Charles Martel come simbolo, Manele Labidi trasmette abilmente (e con umorismo) il trauma intergenerazionale che tormenta i figli dell'immigrazione magrebina in Francia.

Reine Mère è prodotto da Kazak Productions in Francia e coprodotto da Frakas Productions. Le vendite internazionali sono gestite da Totem Films. Il film uscirà il 12 marzo prossimo in Francia e in Belgio, distribuito rispettivamente da Diaphana e O’Brother Distribution.

(Tradotto dal francese)

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