Recensione: Hold on to Her
- Robin Vanbesien realizza un film-saggio empatico, poetico e politico attorno alla memoria di Mawda, una bambina morta sotto i proiettili della polizia

Scoperto al Festival di Berlino nella sezione Forum Expanded, poi al Film Fest Gent in concorso ufficiale, Hold on to Her, primo lungometraggio documentario di Robin Vanbesien, sarà proiettato in due occasioni all'inizio di quest'anno in Belgio, al Ramdam Film Festival di Tournai e al festival En ville! di Bruxelles. Il suo regista si è finora distinto nel campo del cinema sperimentale. Con Hold on to Her, si avvicina al formato del documentario, ma privilegiando una pratica ibrida, mescolando immagini in Super 8 e Super 16 con un'installazione/performance che rivisita l'affare Mawda, che scosse (ma troppo poco) il Belgio sei anni fa.
“Figlia di Phrast e Shamden, sorella di Hama, Mawda Shawri aveva due anni nel 2018 quando è stata uccisa da un poliziotto belga durante un controllo di frontiera in autostrada”. Così inizia il film di Vanbesien, esponendo i fatti e, fin dall'inizio, umanizzando Mawda, una “vittima collaterale”, come si dice, di una politica migratoria disumanizzante. Vanbesien sceglie il prisma dell'empatia per affrontare questo dramma. Riunisce una ventina di parti interessate, con o senza documenti, e condivide con loro gli atti ufficiali: rapporti di polizia, atti giudiziari e articoli di stampa. Sentiamo chi parla e vediamo chi li ascolta. Tra letture di documenti e testimonianze in lingue diverse che risuonano tra loro (fiammingo, francese, inglese, curdo), emerge un pensiero preoccupato: la necessità di un lutto collettivo per fornire un canale di solidarietà.
I fatti sono brutali e il regista ce li ricorda con un espediente che lascia ampio spazio al potere dell'evocazione. I rapporti della polizia vengono letti in voce fuori campo, mentre noi osserviamo coloro che stanno ascoltando. Le inquadrature contemplative della pellicola ci riportano silenziosamente e metaforicamente sul luogo della tragedia, con le strade che passano davanti ai nostri occhi. Durante un controllo su un furgone che trasporta 30 immigrati senza documenti, un poliziotto spara senza preavviso attraverso un finestrino. Il proiettile colpisce Mawda, una bambina di 2 anni. La polizia inizialmente sostiene che la bambina è morta perché gli occupanti del furgone l'hanno usata come scudo umano per spaventare la polizia, e che poi è stata gettata fuori dal finestrino. Le indagini dimostreranno il contrario, ma nel frattempo la narrazione dei media si nutre di queste false dichiarazioni. I genitori di Mawda e il fratello vengono arrestati separatamente e deportati senza nemmeno recuperare il corpo della figlia.
Attraverso l'esposizione dei fatti e le riflessioni dei cittadini che partecipano al dibattito collettivo, Hold On to Her mette in luce la disumanità con cui il sistema tratta gli uomini e le donne, nascondendosi dietro un vocabolario di per sé alienante (migranti, rifugiati), interrogandosi, al di là delle specifiche responsabilità in gioco in questa vicenda, su cosa abbia reso possibile questa situazione. È un film-saggio che si interroga sul destino dei nostri simili nelle nostre società ripiegate su se stesse, con pudore e un approccio decisamente militante.
Hold On to Her è prodotto dalle società belghe Visualantics e Timely. L’uscita del film è prevista in Belgio per il 30 aprile prossimo, grazie alla struttura indipendente Art Faces Art.
(Tradotto dal francese)
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