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FILM / RECENSIONI Francia

Recensione: L’homme-vertige

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- Il documentario realizzato da Malaury Eloi Paisley mette in scena con coraggio e poesia il quotidiano di un’umanità dimenticata che lotta per sopravvivere

Recensione: L’homme-vertige

L’homme-vertige è il primo lungometraggio della regista e artista visiva nata in Guadalupa Malaury Eloi Paisley. Formatasi in un primo momento in storia dell’arte e museologia alla Sorbonne e successivamente in regia in Guadalupa (Ateliers Varan) e a Cuba (EICTV), Malaury Eloi Paisley torna ad abitare nel 2016 nella sua terra natale ed è proprio qui che gira il suo primo cortometraggio Chanzy Blues. Attirata sempre più dal cinema documentario considerato come un mezzo potente per osservare ed esplorare la condizione umana, la regista decide di ritrascrivere in immagini il quotidiano di quanti e quante sono stati dimenticati da una società che pensa solo al profitto. Nasce qui la sua lunga ricerca sulla città di Pointe-à-Pitre che dura ben cinque anni e che si concretizza con il lungometraggio L’homme-vertige, presentato in anteprima mondiale nel Forum della Berlinale, e proiettato più recentemente il Black Movie di Ginevra.

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L’homme-vertige è un ritratto al contempo iper realista, potente e poetico di un’umanità alla quale è stato tolto il diritto di esistere. La regista mette in scena dei personaggi che lottano per la loro dignità in un mondo diventato ostile, un mondo basato su regole che non conoscono o che non vogliono semplicemente più seguire. Il centro nevralgico di tutto il film è Pointe-à-Pitre, luogo fantomatico dove il tempo sembra sospeso. I personaggi che la abitano cercano di ritrovare il cammino in un territorio ferito da rivolte e repressioni, un territorio paradossalmente crepuscolare malgrado il sole accecante che ne scalda la terra.

Durante cinque anni, la regista ha incontrato e filmato differenti personaggi in luoghi emblematici della città ed è proprio grazie a questi incontri che cerca di ricostruire la storia del suo paese. Ex colonia francese ora dipartimento d’oltremare, la Guadalupa sembra confessare le proprie colpe e paure attraverso i racconti dei suoi abitanti, attraverso i loro corpi che fluttuano tra le strade o le mura dei palazzi fatiscenti che spaccano il cielo. I personaggi di L’homme-vertige sembrano intrappolati in una città labirintica che li fagocita e spinge verso l’abisso. Le esperienze vissute, la memoria collettiva che custodiscono si è trasformata in fardello, in peso che li consuma dentro e del quale non sanno più che farsi. La regista cerca, attraverso il suo sguardo al contempo rispettoso e potente di ridare senso a questi ricordi frammentati che nascono dal profondo. Se questa memoria collettiva scomparisse sarebbe tutto un popolo a perdere la propria storia.

L’homme-vertige è il ritratto senza concessioni di una vertigine collettiva, della lenta perdita di punti di riferimento in un mondo che cambia troppo velocemente, senza curarsi di quanti e quante ne hanno plasmato l’essenza. I personaggi che popolano il documentario di Malaury Eloi Paisley sono l’anima stessa di Pointe-à-Pitre, lavoratori, rivoluzionari o semplicemente esseri umani che, anche se feriti, si ribellano contro cambiamenti diventati mostruosi.

L’abisso della città sembra risucchiarli, vittime loro malgrado del caos del mondo, di leggi basate sul profitto più che sull’umanità. I personaggi filmati dalla regista diventano parte integrante di una memoria che non può essere persa, di un grido collettivo troppo a lungo soffocato. Con grande rispetto ed empatia, Paisley filma i corpi stanchi ma non ancora rassegnati di questi personaggi dimenticati, ridà voce e dignità a percorsi alternativi fatti di lotte e dolore ma anche di tenerezza e speranza. L’Homme-vertige è un film prezioso che trasforma il cinema in atto militante.

L’Homme-vertige è prodotto da Athénaïse.

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