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SUNDANCE 2025 Concorso World Cinema Dramatic

Recensione: Cactus Pears

di 

- Il primo lungometraggio di Rohan Parashuram Kanawade, ambientato nell'India rurale, racconta la storia di un'omosessualità nascosta che finalmente esce allo scoperto

Recensione: Cactus Pears
Suraaj Suman e Bhushaan Manoj in Cactus Pears

La repressione rimane un soggetto eterno nel cinema, dà agli attori le note più sottili e delicate da suonare, e permette ai registi di far vibrare di significato la loro messa in scena. Nell'ambiente omofobico dell'India occidentale rurale - e in assenza nel guardaroba di cravatte e sciarpe rosa - le allusioni vanno cercate da qualche parte: ci sono le eleganti motociclette nere dall'aspetto vintage, il cui rombo scandisce il sereno paesaggio sonoro naturale, per non parlare del formoso frutto regionale del titolo, offerto in dono da un protagonista all'altro. Il film di debutto al Sundance di Rohan Parashuram Kanawade, Cactus Pears [+leggi anche:
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, mostra un certo talento nel realizzare queste gradazioni di attrazione ed esitazione, ma ci sono caratteristiche generiche e un po’ troppo pacate che lo frenano, nonostante la storia molto personale.

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 è innegabile nella premessa: Anand (Bhushaan Manoj), un ragazzo di Mumbai, è tornato al suo villaggio natale per piangere il padre recentemente scomparso (che lavorava come veterinario); tuttavia, essendo l'unico maschio rimasto nella famiglia, con il fratello morto tragicamente in giovane età, la sua condizione di celibe attira l'attenzione. Sua madre (interpretata in modo carismatico da Jayshri Jagtap) è consapevole della sua sessualità, ma è evidentemente contrariata dal giudizio sociale e dal rifiuto da parte della sua comunità indù, altamente religiosa, che si abbatte sulla famiglia. Balya (Suraaj Suman), amico d'infanzia di Anand e suo attuale interesse amoroso, non è così fortunato: è un pastore di capre che lavora sporadicamente, incapace di vivere indipendentemente dalla sua famiglia (e dai loro occhi indiscreti sulla sua vita privata), e per lui si sta cercando un matrimonio di convenienza senza amore.

Secondo un ulteriore livello di categorizzazione sociale, Anand è stato "abbastanza sveglio" da lasciare il villaggio (e aveva l'ambizione di diventare pilota), e lavora in un call center di Mumbai, per quelle che immaginiamo essere interazioni delicate e specializzate tenute in inglese. Ma porta ancora con sé la diffidenza e i pesi interiorizzati che hanno tutti i ventenni con questioni personali in sospeso, e il periodo di lutto di dieci giorni richiesto dall'induismo sembra un'ultima fase di sviluppo nel suo processo di autorealizzazione in corso.

Kanawade, regista autodidatta che in precedenza ha lavorato nel campo del design d'interni, è spesso visivamente molto brillante, anche se la sua tensione drammatica è troppo debole: le sue composizioni sono belle (e non opprimenti), eleganti e simmetriche, tutte evidenziate da un motivo innovativo in cui la parte posteriore della testa di un personaggio è ripresa su uno sfondo esterno spalmato e distorto, con luci e ombre che brillano di un presagio metafisico. Soprattutto nel primo atto di Cactus Pears si ha la sensazione che il regista insegua un po' Yasujirō Ozu: l'inquadratura delle scene d'insieme ha la macchina da presa nella stessa prospettiva a livello del pavimento degli attori, con un particolare di una pentola domestica - emblema di una santa domesticità - che invita ulteriormente a questo confronto.

Sebbene il contenuto sia personale, lo schema visivo allettante e lo stigma contro la comunità LGBT in India meriti uno sguardo cinematografico anche tardivo, è comunque normale avere una reazione debole a Cactus Pears, che avrebbe colpito maggiormente se Anand e Balya avessero ostacoli più duri sul cammino verso la realizzazione. Tuttavia quando il film giunge alla sua conclusione, il credo ottimista di Kanawade è catartico: i costumi stanno cambiando nell'India contemporanea e la spiritualità, la sessualità e i divari sociali geografici possono essere riconciliati. All'inizio del corteggiamento, i due uomini condividono cuffie bianche per ascoltare una canzone, mentre siedono a piedi nudi sul pavimento, con le loro famiglie anziane in cupo lutto intorno a loro. È una nota di grazia piccola ma simbolicamente pesante, che genera in definitiva il nostro trasporto verso il film.

Cactus Pears è una produzione India-Regno Unito-Canada della società indiana Lotus Visual Productions, con la britannica Taran Tantra Telefilms. Le vendite internazionali sono gestite da MPM Premium.

(Tradotto dall'inglese)

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