Recensione: Acts of Love
di Olivia Popp
- Jeppe Rønde torna a Rotterdam con un teso dramma interpersonale su una donna di una comunità religiosa New Age che si confronta con i segreti di suo fratello

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intervista: Jeppe Rønde
scheda film] di Jeppe Rønde, presentato in anteprima mondiale nella sezione Harbour dell'IFFR, il che potrebbe far pensare che il film sia basato semplicemente su una storia vera. E invece il regista danese, che firma la sceneggiatura con Christopher Grøndahl, qui mette in discussione ciò che è “vero” e quanto possiamo fidarci dei nostri ricordi, esplorando le vite dei membri di una comunità cristiana New Age nella Danimarca rurale. Rønde ha alle spalle un background documentaristico e si è avventurato anche nella fiction, a partire da Bridgend [+leggi anche:
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scheda film] di dieci anni fa, che presentò sempre a Rotterdam.
Non potendo avere un figlio biologico, Hanna (Cecilie Lassen) ha trovato conforto per più di sette anni in una comunità cristiana New Age in cui tutti vivono insieme nella campagna danese. “Le persone possono andare e venire a piacimento”, dice uno dei residenti groenlandesi, Inuk (Klaus Geisler), respingendo qualsiasi allusione al fatto che si tratti di una setta. Ma la vita di Hanna viene sconvolta dall'arrivo del fratello minore, Jakob (Jonas Holst Schmidt): i capelli gli cadono a ciuffi dalla testa e lui risponde all'annuncio della comune per un lavoro da muratore. In questa comunità criptica, governata dalla leader Kirsten (Ann Eleonora Jørgensen), regnano abitudini particolari: i bambini giocano con palline invisibili e i membri della comunità partecipano a “sessioni di mirroring”, rituali che hanno lo scopo di rivelare, rievocare e guarire i loro traumi irrisolti.
Jakob mantiene un profondo scetticismo nei confronti della nuova comunità di Hanna, fino a quando, a metà film, non ci fa entrare nella sua esperienza, in cui viene travolto da qualcosa di più profondo. Anche lo spettatore scopre i segreti più oscuri del passato di entrambi. Completate dalla musica eterea di Sune Køter Kølster – a volte orchestrale, a volte corale – le scene di cerimonia religiosa diventano il punto di accesso sia per i personaggi che per il pubblico alle complessità dell'infanzia empia, se vogliamo, di Jakob e Hanna. Ma alcune cose sono troppo bizzarre persino per la comune.
Il lavoro di Rønde è guidato dalla solida interpretazione di Lassen, e il regista fonde cinematograficamente passato e presente attraverso scene di rituali, in cui la comunità sembra pervasa dalla presenza di coloro che vengono “curati”. Tuttavia, pur essendo realizzate in modo efficace, le dinamiche e le storie dei personaggi del film sembrano un insieme di archetipi già visti e gli snodi narrativi sono spesso prevedibili, tutti incentrati su traumi familiari e abusi destinati a esplodere in un ambiente ristretto. La palette di colori grigi (con la fotografia di Jacob Møller) enfatizza gli elementi inquietanti della comune, dove tutto è reso uniforme dalle sue rigide regole.
È interessante notare che Acts of Love non è l'unico titolo di Rotterdam che parla di sette religiose quest'anno: l'altro film di spicco è il vincitore del concorso Big Screen Raptures [+leggi anche:
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scheda film] (leggi la news), un altro titolo scandinavo. Ma il film di Rønde si rivela un dramma sorprendentemente convenzionale per la sezione Harbour, dove l'approccio equilibrato del regista al suo contenuto difficile e tabù è ciò che ne giustifica l'inclusione.
Acts of Love è una produzione danese di Paloma Productions; TrustNordisk guida le vendite mondiali.
(Tradotto dall'inglese)
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