Recensione: L'oro del Reno
- Il film d'esordio di Lorenzo Pullega è un'ode onirica all'Italia rurale, che vanta grandi effetti visivi ma manca di coesione

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scheda film] è l'unico film italiano selezionato nel concorso Big Screen dell’International Film Festival Rotterdam (IFFR) di quest'anno. Il film di Lorenzo Pullega esplora l'interessante somiglianza tra il nome di un fiume che inizia il suo corso in Toscana e termina in Emilia-Romagna con il ben più famoso Reno europeo, la cui popolarità è legata a Richard Wagner. A quanto pare, come mostra il film stesso nella sequenza di apertura, alcuni turisti giapponesi hanno confuso i due fiumi, finendo per caso in Italia mentre cercavano il leggendario flusso d'acqua dell'opera. Le scene successive mostrano un coacervo di storie che ruotano intorno alle rive del fiume, mentre un narratore invisibile (un regista a cui è stato affidato il compito di rappresentare il Reno, che rappresenta chiaramente un alter ego dello stesso Pullega) trasporta lo spettatore in una miriade di mondi narrativi, che si aprono uno dopo l'altro, rimanendo sempre contemporaneamente dentro e fuori la narrazione.
Il film cerca di tenere insieme tutte le sue storie e un numero significativo di personaggi, la maggior parte dei quali ha poca o nessuna profondità, più vicini a caricature che a figure tridimensionali. Questo non è necessariamente un difetto, considerando che è probabile che L’oro del Reno punti volutamente a uno stile simile. Si tratta infatti di un film corale, che riecheggia vagamente il lavoro di Federico Fellini. L'atmosfera onirica creata dalle ambientazioni e dai dialoghi, ad esempio, sembra essere stata ispirata da opere come Amarcord, in cui i ricordi sono sparsi, proprio come se fossero nella mente di qualcuno.
La sfida più grande di scelte così audaci, tuttavia, risiede nel rischio intrinseco di fare qualcosa che non soddisfa le proprie ambizioni. In questo caso, la portata del film è chiaramente troppo ampia, anche se la sua premessa rimane forte. Una nota positiva è che gli attori sono per lo più convincenti. Anche l'esecuzione tecnica è indubbiamente di alta qualità, poiché quasi ogni scena sembra un dipinto e dimostra la grande attenzione del regista per i dettagli. Tuttavia, L’oro del Reno fatica a trovare la propria voce e manca di coesione tra le sue parti. Con il passare del tempo, la narrazione perde ritmo e rischia di disinteressare il pubblico man mano che il suo mondo incantato ma realistico svanisce.
In breve, il film di Pullega si affida molto alle sue superbe qualità tecniche, ma rimane intrappolato nella sua struttura estremamente libera che, nonostante sia una scelta narrativa chiave, è anche il suo più grande difetto.
L’oro del Reno è prodotto dalle società italiane Mompracem e Rheingold Film, in collaborazione con RAI Cinema. La compagnia bolognese I Wonder Pictures vende il film nel mondo.
(Tradotto dall'inglese)
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