email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2025 Berlinale Special

Recensione: Köln 75

di 

- BERLINALE 2025: Nel biopic di Ido Fluk, una promotrice di concerti diciottenne mette in scena uno dei più leggendari concerti jazz della storia, quello di Keith Jarrett

Recensione: Köln 75
Mala Emde in Köln 75

Da un certo punto di vista, il leggendario disco per pianoforte solo The Köln Concert di Keith Jarrett ha già goduto di un primo piano cinematografico definitivo. Andando ben oltre una normale presenza nella colonna sonora che può durare meno di un minuto, Nanni Moretti gli ha dedicato un intero passaggio del suo classico Caro Diario in un'inquadratura prolungata del regista stesso, in pellegrinaggio su un motorino verso la spiaggia dove fu assassinato Pier Paolo Pasolini, accompagnato in modo extra diegetico dal pianoforte di Jarrett. In questa decisione di Moretti la sua arte cede il passo disinteressatamente a quella di Jarrett, le cui improvvisazioni serpeggianti determinano pienamente il tono inquietante della scena.

Così, come sempre nei biopic dei grandi musicisti, Ido Fluk ha scelto un percorso pedissequo, anche se a volte incisivo, per svelare il successo di Jarrett in Köln 75 [+leggi anche:
intervista: Ido Fluk
scheda film
]
, anche se saggiamente dedica uno dei filoni narrativi principali alla promotrice del concerto di Colonia, Vera Brandes (interpretata dalla post adolescente Mala Emde), la cui accorata difesa ha contribuito a dare un'impronta culturale al jazz. Il film è stato presentato  in anteprima nelle proiezione dello Special Gala della Berlinale

La sceneggiatura di Fluk viaggia su due strade parallele, nella struttura e anche nella qualità: coinvolgente ed effervescente quando descrive il contributo decisivo di Brandes alla leggenda di Jarrett e del jazz europeo in generale, più rigida quando osserviamo le difficili circostanze che stanno alla base della performance del pianista statunitense (un John Magaro dagli occhi cadenti). Con la schiena e la postura affaticate da uno stile di esecuzione che nessun insegnante di musica avrebbe mai tollerato, e con l'orologio del corpo distrutto da una routine di tournée attraverso il Paese, la drammatizzazione di tutto ciò (con alcuni manierismi comportamentali da “artista difficile” pro-forma da parte di Magaro) non aiuta il nostro apprezzamento nei confronti della musica e delle eccentricità della sua costruzione, dato che Jarrett ha lasciato lo sviluppo melodico della sua performance al caso assoluto dal momento in cui ha sollevato il coperchio del pianoforte.

La traiettoria trionfale di Brandes, invece, sottolinea il concetto che bisogna “fake it to make it”. Ipnotizzata dall'insistente swing e dalla libertà armonica del jazz in una gelateria di Colonia che funge da locale, Brandes incarna il modo particolare in cui i giovani possono sottomettersi alla forza vitale e coinvolgente della musica. C’è un padre che disapprova (Ulrich Tukur), che appartiene alla precedente generazione tedesca e con la sua professione di dentista rappresenta una mentalità filistea borghese, e il film acquista credibilità esponendo l'improbabile fonte che sostiene una tale corsa alla musica d'avanguardia. È sorprendente vedere il jazz trattato alla maniera del rock and roll nei film musicali, con una sequenza di “spiegazioni” che rompe la quarta parete da parte di un giornalista interpretato da Michael Chernus (una scelta opportuna, visto il suo ruolo nel film su Bob Dylan A Complete Unknown) che chiarisce, senza mai sminuire, il viaggio del jazz dalla musica popolare in levare alla libera improvvisazione minuziosa e priva di struttura.

Ironia della sorte, per Jarrett il pendolo si è ribaltato: anche se non è vero per The Köln Concert in particolare, alcune delle sue uscite successive potrebbero essere comodamente classificate come serena musica New Age, un accompagnamento ideale per luoghi come lo studio dentistico del padre di Vera. Nel complesso, Köln 75 è innegabilmente frustrante per aver compreso così bene come la grande musica possa rendere i suoi ascoltatori e appassionati più importanti di coloro che creano i suoni stessi; mostrarci il funzionamento interno della registrazione è un tocco di generosità, e  il film arriva come parte di una celebrazione multimediale del 50mo anniversario dell'album, ma soprattutto per Jarrett (in confronto a Bob Dylan, tanto per invocarlo ancora una volta), il fascino inquietante della sua musica esclude la necessità di scavare nel suo ego.

Köln 75 è una coproduzione di Germania, Polonia e Belgio con One Two Films in coproduzione con Extreme Emotions, Lemming Film België e Alamode Filmproduktion. Le vendite internazionali sono affidate a Bankside Films.

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy