Recensione: How to Be Normal and the Oddness of the Other World
- BERLINALE 2025: Nel suo lungometraggio d'esordio, Florian Pochlatko entra nella testa di una giovane donna neurodiversa che lotta per adattarsi a un ruolo sociale predeterminato

“Il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”. Sono le parole di Antonio Gramsci che balenano all'inizio di How to Be Normal and the Oddness of the Other World [+leggi anche:
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intervista: Florian Pochlatko
scheda film] di Florian Pochlatko. Il mondo che sta morendo, o che forse è già morto, è quello di Pia (Luisa-Céline Gaffron). “In un mondo di possibilità illimitate, ho deciso di essere malata”, è il messaggio quasi allegro che trasmette allo spettatore. Ricoverata in un reparto psichiatrico di Vienna, con diagnosi di ansia e disturbo della personalità, sta per essere nuovamente dimessa. Un modo per descriverla è “guarita”, un altro è stabile e imbottita di pillole. Tornerà a vivere con i suoi genitori, Elfie (Elke Winkens) e Klaus (Cornelius Obonya), e capirà come comportarsi in un mondo che attribuisce alla funzionalità un valore superiore a tutto il resto.
È un'opera cinematografica impressionante quella che il regista austriaco Pochlatko propone con questo titolo presentato in anteprima alla 75ma Berlinale, nella sezione Prospettive. Soprattutto perché non si tratta solo del suo debutto nel lungometraggio, ma anche, tra gli altri, di quello del suo direttore della fotografia Adrian Bidron, che ci regala un linguaggio visivo ricco e sfaccettato. Pochlatko non vuole percorrere i sentieri battuti di un dramma asfissiante. Ispirato alle sue esperienze con i farmaci e ai colloqui con i pazienti, si inserisce senza indugio nel punto di vista di Pia, mostrando i suoi attacchi, le sue visioni e le sue paure in una vasta gamma di rapporti d'aspetto sempre diversi, sfumature di colore sognanti e sequenze montate rapidamente.
C'è una linea sottile tra il vittimizzare coloro che hanno una diagnosi di neurodiversità e il romanticizzarli come individui illuminati che possono uscire da quel circolo vizioso chiamato normatività sociale. Pochlatko segue Pia in modo piuttosto disinvolto mentre vede ovunque uomini sospetti in giacca e cravatta, sogna il suo amore perduto Joni (Felix Pöchhacker) e marcisce intellettualmente nel lavoro d'ufficio che il padre le ha organizzato nella sua azienda stampatrice. Le sue fantasie non includono solo agenti segreti simili a quelli di Men in Black o Mission: Impossible, sequenze di fuga piene di azione e un sosia di Ed Sheeran a una festa: Harald Krassnitzer appare come un investigatore di fantasia chiamato Moritz, tracciando divertenti paralleli con la sua lunga militanza nello show Tatort.
Sorge però una domanda: questa monotonia, questo sforzo per adattarsi, non è piuttosto simile all'esperienza di vita intorpidita di una persona neuro-normativa? “Un giorno ti svegli e ti chiedi se le cose saranno così per sempre”, sembra qualcosa con cui chiunque potrebbe confrontarsi. Lungo il percorso del film, la narrazione si sposta spesso sui genitori. Elfie mette in discussione il sensazionalismo dei documentari per i quali fornisce la voce fuori campo e viene prontamente considerata prossima all’esaurimento psicofisico. La società di Klaus sta per essere fagocitata da un'azienda globale e lui può solo sorridere e sopportare. L'impulso a tenere duro è stucchevole quanto il cedimento alla crisi. Ma essere operativi nonostante tutto, per salvare la faccia, sembra più importante.
Il film non vuole offrire una risposta semplice su come migliorare le cose. Piuttosto, Pochlatko vuole costruire un ponte per comprendere le persone neurodiverse e sottolineare che l'abbandono delle pillole, come Pia cerca di fare in una fase successiva, peggiora ulteriormente la malattia.
How to Be Normal and the Oddness of the Other World è prodotto dall’austriaca Golden Girls Filmproduktion & Filmservices mentre la francese Alpha Violet si occupa delle vendite internazionali.
(Tradotto dall'inglese)
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