Recensione: Dreamers
di Olivia Popp
- BERLINALE 2025: Il film di Joy Gharoro-Akpojotor, che racconta la storia d'amore tra due donne nere in un centro di detenzione per immigrati, è un lavoro con buone intenzioni che però cadono a vuoto

Considerando l'amore saffico come rivoluzionario, Audre Lorde - femminista nera e lesbica - ha affermato: “L'amore tra donne è particolare e potente perché abbiamo dovuto amare per vivere; l'amore è stato la nostra sopravvivenza”. Questo atto radicale di autoconservazione diventa il fulcro della relazione tra le due sognatrici protagoniste di Dreamers, diretto da Joy Gharoro-Akpojotor; il film è stato presentato in anteprima mondiale nella sezione Panorama della 75ma Berlinale. Gharoro-Akpojotor, nota come produttrice, si cimenta per la prima volta nella scrittura e nella regia di un lungometraggio dopo un solo cortometraggio.
Isio (Ronkę Adékoluęjo), una migrante nigeriana senza documenti che lavora nel Regno Unito da due anni, viene catturata e confinata nel centro di espulsione dal nome minaccioso di Hatchworth. Sviluppa rapidamente un forte legame con la sua simpatica ma spietata compagna di stanza, Farah (Ann Akinjirin), che le insegna le regole della scuola: non fidarsi delle guardie ed evitare i bulli del posto. Veniamo a sapere che Isio è una lesbica che è fuggita dal suo Paese - in cui le relazioni omosessuali sono pesantemente criminalizzate - dopo che sua madre l'ha scoperto, dando luogo a una serie terribile di eventi dolorosi e alla sua fuga finale. Mentre Isio è tormentata da sogni illuminati di rosso di quella che sembra una danza cerimoniale, la sua relazione con Farah si fa più profonda e sboccia una storia d'amore, anche se entrambe sanno che saranno deportate se il loro ricorso non dovesse essere accolto.
Nonostante l'idea promettente, Dreamers si rivela per lo più un dramma per il grande pubblico che non riesce ad approfondire l'interiorità di Isio, il suo caso o la sua personalità. I dialoghi pesanti della sceneggiatura sembrano spesso farla da padrone in un'ambientazione cinematografica governata in ultima analisi da frammenti di speranza che emergono attraverso l'ombra della paura. A un certo punto, la nuova amica di Isio, Atefeh (Aiysha Hart), un'immigrata irachena, si interroga su cosa dovrebbe fare la nostra protagonista, dicendo allo spettatore esattamente come prendere la storia, piuttosto che permettergli di assorbire il sottotesto della loro conversazione.
Un episodio di transfobia nel bar, avvenuto all'inizio del film, dà il tono dell'ostilità dell'ambiente, dove la nostra protagonista trova conforto e amicizia in Farah, Atefeh e nella guardinga Nana (Diana Yekinni), proveniente dal Ghana. L'agente che intervista Isio le chiede se ha avuto rapporti con un uomo, sottintendendo che questo “invalida” la sua identità di lesbica; questo incontro è un perfetto esempio degli standard assurdi verso cui ogni migrante deve tendere. Dreamers è quindi più efficace nel ribadire l'innato paradosso delle politiche pubbliche nell'Europa di oggi: si parla di umanitarismo, ma l'accesso è riservato a pochi eletti che possono “dimostrare” la loro sofferenza sulla carta.
Con la fotografia di Anna Patarakina le immagini di Dreamers sono piene di simbolismi semplicistici, come l'illuminazione rossa per il pericolo e i controluce colorati che all'inizio sembrano invitanti, ma poi risultano invadenti. Nel complesso, lo stile visivo patinato del film fa sembrare l'opera più simile a un dramma elegante dal taglio pulito che alla storia un po' più grintosa che si propone di essere. Un personaggio dice “questo posto sta cadendo a pezzi”, ma la scenografia sembra pulita e ordinato, al limite dell'incredibile.
È chiaro che Gharoro-Akpojotor punta mirabilmente a creare una sorta di utopia nella distopia, scoperta attraverso un amore impossibile, ma purtroppo né il potenziale di emancipazione dell'amore saffico né le ramificazioni del centro sono esplorati a fondo. Dreamers è alla fine sostenuto dalla chimica tra i due protagonisti, ma questo non è sufficiente a compensarne le carenze. Si potrebbe invece guardare al vincitore del Teddy Award, No Hard Feelings [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Faraz Shariat
scheda film] di Faraz Shariat (Berlinale Panorama 2020), per un'opera dai toni più nitidi sull'amore queer tra i migranti in Europa, in parte ambientata in un centro per rifugiati.
Dreamers è prodotto dalla britannica Quiddity Films con BBC Films. La società di Helsinki The Yellow Affair si occupa delle vendite internazionali.
(Tradotto dall'inglese)
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