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SXSW 2025

Recensione: My Uncle Jens

di 

- Brwa Vahabpour offre una visione creativa delle narrazioni sugli immigrati e sull'asilo attraverso la lente di un giovane norvegese che riceve una visita a sorpresa dallo zio curdo

Recensione: My Uncle Jens
Peiman Azizpour (a sinistra) e Hamza Agoshi in My Uncle Jens

Immaginate di essere svegliati nel cuore della notte dal campanello e di veder entrare con sicurezza un uomo che non riconoscete e che sostiene di essere vostro zio. Si accomoda in cucina, chiedendosi bruscamente ad alta voce perché non gli avete ancora servito il tè, e perché non riceve un'accoglienza familiare calorosa. E l'altro mistero scottante? Voi vivete a Oslo... e lui sembra essere arrivato dalla parte iraniana del Kurdistan. Con questa brillante scena d'apertura  il regista Brwa Vahabpour ci introduce nel mondo del suo primo lungometraggio, My Uncle Jens [+leggi anche:
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scheda film
]
,  in anteprima mondiale al SXSW nel concorso Narrative Feature.

Fin dall'inizio ci viene presentata la dinamica tra Akam (Peiman Azizpour), un giovane insegnante norvegese di scuola elementare di origine curda, e lo zio ficcanaso e critico Khdr (Hamza Agoshi). Dice che i confusi coinquilini di Akam, Pernille (Theresa Frostad Eggesbø) e Stian (Magnus Lysbakken), possono chiamarlo Jens perché è più facile. Con questi personaggi, Vahabpour raggiunge rapidamente un tono tranquillamente umoristico, ma svilupperà il film come un dramma con elementi comici, piuttosto che una vera e propria dramedy. Molte scene sono strutturate come intrinsecamente umoristiche (favorite in alcuni casi dal montaggio in stile smash cut - un taglio netto e improvviso da una scena all'altra - di Bryjar Lien Aune e Cǎtǎlin Cristuţiu), anche se il film non fa sempre ridere a crepapelle.

Per cercare di dare un senso all'apparizione di Khdr, inizia a frequentare Elina (Sarah Francesca Brænne), una donna che lavora presso il Registro dell'Immigrazione norvegese (UDI), con la scusa di doverle chiedere il suo aiuto per scrivere un racconto. In alcuni momenti il film sembra eccessivamente favorevole all'autorità statale, in un modo che non rispecchia il personaggio di Akam né quello di Khdr. Inoltre entrambi evitano la polizia e cercano di non criticarla. Ma il film offre anche diversi momenti ironici che giocano su questi elementi più imbarazzanti della situazione.

Il nucleo emotivo del film è guidato dall'interpretazione di Agoshi, che crea un delizioso equilibrio tra l’essere sfacciatamente sincero e l’essere odiosamente esigente. Un esempio su tutti: in una scena che ci fa sorridere, convince un uomo a vendere un lettore DVD usato a 350 corone (circa 30 euro) in meno, annuendo ingenuamente durante l'interazione in presenza di un imbarazzato Akam. Gli spettatori di tutto il mondo potranno probabilmente riconoscere questa zia, zio o parente anziano mezzo accondiscendente che non può fare a meno di compiacere le persone: è un senso di colpa molto comprensibile.

Il regista inserisce conversazioni sul padre di Akam, membro dei Peshmerga (le forze di sicurezza della guerriglia del Kurdistan), per arrivare a discorsi più ampi sulla persecuzione e la resistenza, ma questa narrazione cade nel dimenticatoio. Allo stesso modo, lascia alcuni fili piuttosto sottili, come la storia di Marko (Marko Lazic), lo studente immigrato di seconda generazione di Akam che ha difficoltà con la scuola. Dove My Uncle Jens riesce meglio è nel combinare elementi thriller (tra cui una colonna sonora tesa e ticchettante di KASTEL), mascherando il tutto sotto l'ombrello accessibile di un film leggero di scontro culturale. Però Vahabpour evita le trappole delle narrazioni che vedono gli immigrati come semplici outsider in difficoltà in una società occidentale altamente strutturata, o che sfruttano le abusatissime battute sul cibo cucinato puzzolente.

My Uncle Jens è una coproduzione di Norvegia e Romania con la società di Oslo True Content Production AS e quella di Bucharest Tangaj Production. Intramovies si occupa delle vendite internazionali.

(Tradotto dall'inglese)

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