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SXSW 2025

Recensione: American Sweatshop

di 

- Uta Briesewitz inaugura la sua carriera cinematografica con un film sugli orrori che si incontrano moderando l'universo digitale

Recensione: American Sweatshop
Lili Reinhart in American Sweatshop

“Non è il genere di cose di cui vorresti parlare al primo appuntamento”, dice la venticinquenne aspirante infermiera Daisy (l'attrice statunitense Lili Reinhart, nota soprattutto per la serie televisiva Riverdale) a proposito del suo lavoro di moderazione dei contenuti presso la Paladin Control, un'azienda dal nome minaccioso con sede a Tallahassee, Florida. Conosciuta per il suo lavoro in serie americane come Jane the Virgin, Westworld, Stranger Things, Black Mirror e, più recentemente, Scissione, la direttrice della fotografia e regista televisiva tedesca Uta Briesewitz passa alla regia di lungometraggi con American Sweatshop [+leggi anche:
intervista: Uta Briesewitz
scheda film
]
, il suo film d'esordio. Con una sceneggiatura di Matthew Nemeth, il film sull'omonimo luogo di lavoro e sul mistero che vi si dipana è stato presentato in anteprima mondiale nella sezione Narrative Spotlight del SXSW.  

Come moderatori di contenuti – un ruolo recentemente tornato alla ribalta per questioni di automazione e intelligenza artificiale online – Daisy, la sua amica Ava (l'attrice portoghese Daniela Melchior) e i suoi colleghi Bob (l'attore statunitense Joel Fry) e Paul (l'attore britannico Jeremy Ang Jones) sono costretti a prendere decisioni in una frazione di secondo sui video segnalati, in base a regole e linee guida in continua evoluzione. Pressati dal dover raggiungere le quote, vengono sottoposti a contenuti bizzarri, segnalati dagli utenti, mentre altri filmati sono davvero espliciti e terrificanti. Daisy sviene dopo aver guardato qualcosa che crede essere un video di tortura, che altri credono essere solo una clip fetish messa in scena. La sua crescente ossessione per il video – le cui immagini raccapriccianti si insinuano nei suoi sogni e nella sua vita quotidiana – la porta a cercare di rintracciare la persona che l'ha realizzato. Si tratta di un atto eroico o solo di un atto di vendetta malamente orchestrato?

Nonostante i suoi tentativi di tenerci col fiato sospeso, American Sweatshop è stranamente insipido, con le premesse di un thriller di vendetta ma senza mai osare del tutto. Si potrebbe guardare a Red Rooms del regista canadese Pascal Plante, ad esempio, per un'analisi molto più avvincente dell'ossessione per i contenuti audiovisivi oscuri e sfrenati. Questo è dovuto alla sceneggiatura, che non affronta mai direttamente la natura pericolosa della censura digitale o il cosiddetto Far West della sfera virtuale: il fatto che non abbiamo davvero un modo chiaro per tracciare la linea di demarcazione tra il cosiddetto "appropriato" e "inappropriato", e che chi detiene il potere è colui che decide.

Invece, la sceneggiatura si piega a dialoghi un po' assurdi e a scelte dei personaggi che sembrano fatte a metà: “Che cazzo di problema hai?” chiede il capo di Daisy (l'attrice tedesca Christiane Paul), brandendo la stampa di un video di una donna che si butta da un edificio di 20 piani. La sceneggiatura è anche permeata da un umorismo sarcastico e asciutto, a tratti sgradevole: ad esempio, Ava minimizza lo svenimento di Daisy definendolo un rito di passaggio in azienda, e definisce una decapitazione sfocata "non male". Allo stesso tempo, l'azione da giustiziere di Daisy sembra poco sviluppata, e la sicura interpretazione della Reinhart viene penalizzata da motivazioni del personaggio che sembrano uscire dal nulla.

Tuttavia, Briesewitz e il direttore della fotografia Jörg Widmer fanno alcune scelte registiche interessanti, tra cui quella di inquadrare il video cruciale come un riflesso negli occhi di Daisy. In questo modo, possiamo ricostruire le azioni in base al titolo del film e ai frammenti visivi senza che la regista chieda agli spettatori di fungere a loro volta da moderatori dei contenuti. Briesewitz bilancia inoltre l'aspetto cinematografico del film con la vita quotidiana di Daisy in modo naturale, instillando in noi un leggero senso di timore per ciò che potremmo incontrare in seguito, sia nel film che nella vita reale, mentre scrolliamo online.

American Sweatshop è una produzione tedesca di Baltimore Pictures e Elsani & Neary Media GmbH, coprodotta da Elsani Film GmbH. Le vendite mondiali sono a cura di Myriad Pictures.

(Tradotto dall'inglese)

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