Recensione: La furia
di Júlia Olmo
- Gemma Blasco presenta un film potente e devastante su un'esperienza di stupro con protagonista un'immensa Angela Cervantes

Alex, una giovane attrice, viene violentata durante una festa di Capodanno. Quando si rivolge al fratello Adrian in cerca di rifugio e comprensione, lui reagisce mettendo in discussione quello che le è accaduto e facendole pressione. Consumata dalla rabbia, lei prende le sue decisioni e si avvia su un sentiero che si farà sempre più oscuro. La reazione di lui li allontana e lei trova nel teatro l'unico modo per incanalare il suo dolore e la sua rabbia, interpretando il vendicativo personaggio di Medea della tragedia di Euripide. Questa è la storia raccontata da La furia [+leggi anche:
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intervista: Gemma Blasco
scheda film], il primo lungometraggio di Gemma Blasco (regista del cortometraggio Jauría e del film sperimentale El zoo [+leggi anche:
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scheda film]), scritto con Eva Pauné, che, dopo la prima mondiale al SXSW di Austin, è stato presentato al 28mo Festival di Málaga.
Interpretato da un'immensa Ángela Cervantes insieme ad Álex Monner, il film parla della paura, della vergogna, del disgusto, del senso di colpa delle vittime di aggressioni sessuali, dei dubbi se raccontare o meno, di quanto sia difficile denunciare, dell'incubo che diventa la tua vita dopo aver subito questa aggressione. Del quotidiano verificarsi di queste aggressioni, di come il più delle volte l'aggressore sia una persona vicina, una persona conosciuta, una persona di cui ci si fidava, una persona addirittura amata. Di come, dall'esterno, anche senza volerlo o senza esserne consapevoli, continuiamo a guardare alla violenza sessuale da un punto di vista maschilista, cercando sfumature per sminuirne l'importanza. “Ti ha solo toccato o ti ha violentato?”, chiede Adrian alla sorella, per poi rimproverarla di essere troppo sballata quella sera. Così facendo, il film parla anche della condizione umana, della lotta tra istinto e ragione, della distanza tra il modo in cui agiremmo se ci lasciassimo trasportare dagli impulsi di dolore e rabbia e se decidessimo di agire come esseri razionali.
Blasco affronta tutto questo con brutale realismo e allo stesso tempo con un certo simbolismo, facendo un uso lucido della metafora con elementi come il sangue, il massacro degli animali e, soprattutto, la Medea. Sebbene lo sfondo del mito sia evidente nel film, esso non è meno evocativo e potente. Nel personaggio di Medea, che uccide i propri figli per vendicarsi del marito, la protagonista esprime il suo strazio, regalandoci sequenze di grande forza drammatica come quella in cui una superba Cervantes recita il suo monologo centrale. “Ci sono quelli che, non conoscendo bene le viscere del loro vicino, lo contemplano con odio senza offesa. Ma a me, a me che mi è capitato questo evento inaspettato, ha distrutto lo spirito. Sono persa. Voglio morire, amici miei, amici miei, voglio morire. Tra tutte le creature che hanno una mente e un'anima, non c'è specie più miserabile delle donne (...)”. La regista risolve abilmente questa costante tensione tra la brutalità dell'esplicito e l'inquietudine dell'implicito anche con la sequenza dello stupro con l'immagine completamente in nero, ricordandoci il terrore che c'è in ciò che non si vede, in ciò che non lascia tracce o prove, e, così facendo, prende anche le distanze dal morboso e dal sensazionalistico.
“Perché continuiamo a fare sempre le stesse tragedie?”, si chiede la protagonista in una commovente sequenza al fianco di Ana Torrent. La furia è un film di una forza inusuale, un film tanto sconvolgente quanto potente e coraggioso sull'esperienza di una violenza sessuale, su come qualcosa si rompe per sempre dentro, su come si vede la vita da lì e su come andare avanti; sulla finzione come via d'uscita da tutto ciò che ci portiamo dietro nella vita.
La furia è prodotto da Ringo Media e RM Película AIE, mentre Filmax cura le vendite all'estero e l’uscita in Spagna il 28 marzo.
(Tradotto dallo spagnolo)
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