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CPH:DOX 2025

Recensione: À demain sur la Lune

di 

- L'ultimo documentario del regista francese Thomas Balmès indaga sulla nostra disponibilità ad accettare la morte, con l'aiuto di un cavallo terapeutico

Recensione: À demain sur la Lune

Un cavallo in piedi in un corridoio bianco di un ospedale. Un cavallo con un cavaliere in un bosco di notte, ornato da lampadine multicolori. Queste scene sembrano uscite da un incubo alla David Lynch o da un intruglio magico-realista. E invece le vediamo nell'ultimo documentario del prolifico regista francese Thomas Balmès, À demain sur la Lune, presentato in anteprima mondiale al concorso DOX:AWARD di CPH:DOX.

Il cavallo in questione si chiama Peyo e, insieme al suo addestratore, è “impiegato” in un ospedale di cure palliative a Calais. Non c'è una vera e propria spiegazione su come aiuti esattamente i pazienti, ma la sua presenza sembra certamente migliorare il loro stato d'animo. Quella che Balmès segue più da vicino è Amandine, 39 anni, madre di due figli, a cui è stato diagnosticato un cancro terminale e a cui è stato dato non più di un anno di vita.

All'inizio del film, vivace e con un sorriso smagliante, Amandine ci dice di essere felice: ha tempo per concentrarsi sui suoi figli e sulle cose che le piace fare. Ma mentre lei ha chiaramente accettato il suo destino, suo marito ha un atteggiamento di negazione quasi aggressivo, che deduciamo dai loro ampi e dolorosi colloqui con il personale medico e lo psicologo.

Così, dato che la protagonista del film è fisicamente funzionale, porta i bambini a scuola e al parco giochi, alleviando il dolore con farmaci da banco e la mente con spinelli al CBD. Questi segmenti sono intervallati da vecchi video amatoriali di lei che gioca con la sorella, che infarciscono il film con la nostalgia di una vita ben vissuta.

Nel frattempo, incontriamo altri pazienti che si sono riconciliati con la loro imminente fine. Un'anziana signora, che ha un rapporto particolarmente palpabile con Peyo, sembra preoccuparsi soprattutto della playlist per il suo funerale. Ma a spiccare è un signore che, raggiante per il fatto che la sorella abbia finalmente accettato il suo desiderio di eutanasia, saluta il medico come se si dovessero incontrare di nuovo in un futuro prossimo: è la sua battuta che dà il titolo al film. 

Si tratta di un documentario decisamente poco ortodosso che esplora la nostra disponibilità ad accettare la morte, almeno nel mondo occidentale, con i suoi contesti sociali e religiosi. Balmès affronta il tema con grande pazienza e sensibilità e ha una spiccata attitudine al magico – o all'ultraterreno? – con le scene simboliche del cavallo e del suo addestratore. Ma non esagera mai: è una regia sobria e allo stesso tempo fortemente emotiva.

Non è facile trovare il tono giusto con un argomento così delicato e, a dire il vero, forse il regista si spinge troppo in là con la colonna sonora di Guillaume Poncelet, prepotentemente sentimentale, composta da pianoforte e archi. Tuttavia, dal punto di vista visivo e ritmico, il film conduce abilmente lo spettatore alle proprie osservazioni e riflessioni. Le scene assurde con Peyo in ospedale possono persino suscitare un macabro senso dell'umorismo in uno spettatore che potrebbe essere incline a guardare alla morte in modo distaccato e filosofico. In ogni caso, il film offre un sostanzioso alimento sia per la mente che per il cuore.

Prodotto da TBC, À demain sur la Lune ha la possibilità di raggiungere un vasto pubblico grazie alla distribuzione presa in carico da Universal.

(Tradotto dall'inglese)

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