Recensione serie: Mariliendre
- Con la complicità di Javier Ambrossi e Javier Calvo, Javier Ferreiro orchestra una commedia drammatica ricca di colori, droga, brividi, imbracature e persino un funerale

Non avete mai visitato Chueca, il quartiere LGBTQ+ di Madrid famoso in tutto il mondo? Non sapete quali app di incontri sono più popolari tra gli omosessuali? Non siete mai stati a un chill out? Non preoccupatevi, Mariliendre, una serie diretta da Javier Ferreiro (finora regista di cortometraggi e sceneggiatore della serie Vestidas de azul) che ha chiuso il recente Festival di Malaga ed è stata appena presentata a Séries Mania, vi offre un catalogo queer completo e altre sorprese.
Ad esempio, che il ruolo dell'acida madre del protagonista è interpretato dalla cantante Nina, prima direttrice dell'accademia del reality Operación Triunfo, programma che ha conquistato la Spagna. E che l'unico successo di una delle sue allieve, Beth, intitolato Dime, che ha partecipato all'Eurovision, viene riproposto in questo musical. Il quale, a differenza di Emilia Pérez [+leggi anche:
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scheda film], rinuncia alle canzoni originali per riproporre brani, tra gli altri, della messicana Paulina Rubio, di Bebe (Ella) o di Sonia e Selena (Yo quiero bailar, un indiscutibile inno all'edonismo). In breve, un bel gruppo di grandi canzoni che riempiranno le piste da ballo di qualsiasi locale queer orgoglioso di esserlo, come la serie stessa. Tutti gli armamenti gay-friendly sfilano nei suoi episodi, con protagonista una fag hag da manuale che è all'altezza del suo titolo di “regina madre degli omosessuali”, visto che esce a far festa solo con ragazzi che vanno a letto con altri ragazzi.
Ma quando la morte del padre scuote la sua inane vita lontana dall'“ambiente” e dai suoi “nani politossici” (come li definisce lei), Meri Román (interpretata da Blanca Martínez) scopre che quel brav'uomo (Mariano Peña) custodiva un “piccolo segreto” nell'armadio: indagherà senza esitare, dovendo entrare in quel piccolo mondo di dissolutezza che aveva lasciato.
Con riferimenti al cinema porno e alla cultura pop, Mariliendre è tanto irregolare quanto leggero e frivolo. Si passa da momenti di umorismo scoppiettante (grazie soprattutto alle battute che le sceneggiatrici Paloma Rando e Carmen Aumedes - insieme allo stesso regista - hanno riservato alla protagonista) a scene deliranti senza un briciolo di grazia. La serie, che non passerà alla storia come altre produzioni di Suma Content, la factory dei Javis (Javier Ambrossi e Javier Calvo, che sono stati anche tutor di Operación Triunfo), come La Mesías [+leggi anche:
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scheda series] o Paquita Salas - un riferimento sacro -, osa essere audace, insolente, fresco, eccessivo, grossolano, irriverente (nelle scene del funerale o nell'esaltazione della droga), frivolo, superficiale e volgare, come le notti infuocate nei locali di Chueca che i suoi personaggi citano continuamente.
Videoclip colorato ed energicamente coreografato da Belén Martí e sfolgorante sfera a specchi episodica, Mariliendre brilla mentre la guardi, lasciando pochi postumi: qualcosa che probabilmente non importa a questi “chicos de la banda” che si sono divertiti a scriverlo, festeggiarlo e girarlo. Una serie che farà ballare gli amici e i fan dei Javis con le loro canzoni preferite, ma un po' eccessiva, folle e pazza per il resto del pubblico.
Mariliendre, composta da sei episodi di 45 minuti ciascuno e con un cast di giovani star come Omar Ayuso (Élite) e Martín Urrutia (anche lui da Operación Triunfo), è una produzione Atresmedia Televisión in collaborazione con Suma Content e sarà disponibile in Spagna su Atresplayer dal 27 aprile. Le vendite sono curate da Atresmedia TV International Sales.
(Tradotto dallo spagnolo)
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